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Una parte di Milano spera che il 7 dicembre il presidente della Repubblica non venga.

Intendiamoci, la città stima e rispetta Giorgio Napolitano, ma una buona fetta vorrebbe che disertasse la prima della Scala del 7 dicembre prossimo, festa del patrono Sant’Ambrogio.

La ragione è chiara: il sovrintendente Stéphane Lissner e il direttore musicale, Daniel Barenboim, hanno deciso di inaugurare la stagione lirica con il Lohengrin di Richard Wagner.

Un sacrilegio per i fan del grande teatro: quest’anno cade il bicentenario della nascita di Wagner ma anche di Giuseppe Verdi, simbolo stesso di quel patrimonio culturale italiano che va sotto il nome di melodramma ed è un unico nella storia mondiale. E che ha avuto per decenni proprio la Scala come casa.

Era ovvio, secondo gli appassionati scaligeri, che quest’anno per la prima fosse rappresentata un’opera del maestro di Busseto. Assolutamente. Come d’altra parte ha fatto Roma con il Simon Boccanegra, diretta dal sempre più rimpianto maestro Riccardo Muti, alla presenza del Presidente della Repubblica.

L’assenza di Napolitano il 7 dicembre a Milano sottolineerebbe la disapprovazione anche della più alta istituzione italiana per la scelta wagneriana fatta da Lissner-Barenboim. E potrebbe essere d’aiuto per disfarsi di quel sovrintendente francese che è già in uscita verso l’Operà di Parigi, ma il cui interim (e stipendio milionario) si protrarrà per contratto ancora due anni, e che è ormai detestato dalla maggior parte dei melomani, salvo un cerchio magico di amici e beneficiati.

A Lissner si rimprovera di essere stato un omogenizzatore. Ha reso la Scala, custode di una tradizione italiana irripetibile, un teatro qualsiasi. Forse più efficiente, ma indistinguibile dagli altri. Un po’ come le strade dello shopping delle grandi città di tutto il mondo, dove si trovano sempre le stesse griffe, da Milano, a Parigi a Mosca.

Questo standard non piace. Non piace Lissner, ma neppure Barenboim, ritenuto una star presente ovunque: direttore musicale a Milano, ma anche Berlino, pianista che fa concerti in giro per il mondo, con la testa rivolta più ai suoi cachet che allo studio degli spartiti. Sulla scelta di non rappresentare Verdi alla prima, gira poi una spiegazione velenosa: non è in grado di dirigere ad alti livelli il compositore italiano e ha preferito non correre rischi in una serata che richiama l’attenzione di tutto il mondo come quella milanese del 7 dicembre.

Così il tifo perché Napolitano scelga di restarsene a casa. Come ha detto una lettrice del Corriere della Sera che ha scritto al giornale proponendo anche una forma singolare di protesta: “Venerdì prossimo troviamoci davanti alla Scala. E mentre nel teatro Barenboim dà l’attacco al Lohengrin, noi intoniamo il Va pensiero”.

Bellissima idea. Attenzione però a non farsi confondere con nostalgici di Bossi.

Gianni Gambarotta

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