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Si chiama Lina Ben Mehnni la giovane tunisina che con fotografie, video e opinioni ha contribuito alla fine delle repressioni del regime di Zine El Abidine Ben Ali. E che continua a fare traballare l’attuale governo di Hamadi Jebali attraverso il blog “A Tunisian Girl”. Dopo la caduta della dittatura, la vita quotidiana in Tunisia non è migliorata. Anzi, gli indici socio-economici che hanno scatenato le rivolte della Primavera araba sono vertiginosamente peggiorati. Per questo motivo Ben Mehnni non ha interrotto le sue critiche.

Nata nel 1983, è professoressa di lingue all’Università di Tunisia ed è stata nominata al premio Nobel della Pace. Suo padre, un militare dissidente del regime, ha sofferto la repressione di Bourguiba mentre sua madre è stata militante dell’Unione generale di studenti di Tunisia, una delle più grandi organizzazioni oppositrici.

Anche se le risorse economiche non abbondavano nella sua famiglia, Ben Mhenni è riuscita a studiare e lavorare negli Stati Uniti. Lì nasce la sua passione per il web e l’uso del blog come mezzo di denuncia. La sua prima battaglia è stata nel 2008 contro la situazione del bacino minerario di Gafsa. Raccontare la vita quotidiana in Tunisia l’ha salvata durante la convalescenza del trapianto di un rene alla quale è stata sottoposta e dopo è diventata uno strumento di battaglia dal fronte dell’opposizione, insieme ad altri come il blogger Slim Amamou, nominato poi ministro.
Una delle principali battaglie di Ben Mehnni è contro il progetto di legge che minaccia la libertà dei diritti delle donne. Oltre al blog e l’account Twitter @benmehnnilina, la giovane ha pubblicato il libro “Tunisian girl”, ancora non tradotto in italiano.

L’anno scorso ha vinto in Italia il premio Minerva “Annamaria Mammoliti”. Nella conferenza di premiazione le è stato chiesto cosa può fare la comunità internazionale per aiutare la Tunisia e il resto dei Paesi arabi in difficoltà: “Ho sentito questa domanda centinaia di volte. La sento ogni volta che sono in viaggio per la partecipazione a convegni ed eventi ufficiali all’estero – ha risposto -. Quello che dovete fare è smettere di interferire nei nostri affari interni, si deve smettere di sostenere governi repressivi e le dittature, si deve smettere di vendere ai nostri governi armi e attrezzature per reprimere. È necessario smettere di essere ipocriti, fingendo di promuovere i diritti umani. Non è il caso”.

Ecco il suo intervento al Forum “Twiplomacy: la diplomazia al tempo di Twitter” il 14 giugno del 2012 a Torino.

 

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