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Nel fine settimana si è tenuta a Pechino l´ultima sessione del diciassettesimo comitato centrale del Partito comunista cinese. La riunione precede l´apertura del Congresso che da mercoledì sancirà il passaggio dalla quarta alla quinta generazione di leader il cui compito sarà governare la Repubblica popolare per i prossimi dieci anni. Mentre si attende di conoscere l´organigramma del futuro comitato permanente, il ristretto gotha al vertice della Cina, di cui per adesso non è ancora sicuro il numero di componenti (si oscilla tra gli attuali nove e un ritorno al passato con sette), le notizie ufficiali sono quelle date dall´agenzia statale Xinhua.
 
È arrivata l´attesa ratifica dell´espulsione di Bo Xilai, l´ex carismatico alto funzionario comunista, considerato l´uomo di punta dei cosiddetti neomaoisti, ormai caduto in disgrazia. Oltre al posto nel Partito si è visto privato di tutti i privilegi che questo comporta e ora attende un processo per corruzione, abuso d´ufficio e tanto altro, nel più grave scandalo politico scoppiato nel Paese in almeno due decenni, che non pochi patemi ha dato al regolare svolgimento del Congresso.
 
Confermata anche l´espulsione di Liu Zhijun, ex ministro delle Ferrovie, coinvolto in casi di corruzione. Terzo, il comitato centrale ha dato il proprio via libera a un emendamento allo Statuto del Partito. Cosa contenga la modifica non è ancora chiaro. Una delle ipotesi che da qualche settimana circola tra gli esperti ipotizza un taglio netto con il passato: la cancellazione del riferimento al pensiero di Mao Zedong dal documento costitutivo del Pcc. A favore della tesi si enfatizzano le mancate menzioni del Grande Timoniere in alcuni degli ultimi comunicati diffusi dal Partito. Al contrario si faceva riferimento al socialismo con caratteristiche cinesi, a Deng Xiaoping, al cosiddetto pensiero delle “tre rappresentatività” con cui all´inizio degli anni Duemila, l´allora presidente Jiang Zemin volle dare un proprio contributo teorico al Partito aprendolo agli strati della società allora considerati più dinamici.
 
Quando Deng Xiaoping chiuse i conti con il maoismo tra la fine degli anni Settanta e l´inizio degli anni Ottanta, con stile statistico a Mao fu riconosciuto un 70 per cento di azioni positive e un 30 per cento negativo (in quest´ultima categoria ricadono il Grande Balzo in avanti la Rivoluzione culturale). Le dimenticanze nei documenti del Pcc fanno quindi pensare a qualcuno che la demaoizzazione possa arrivare a un nuovo livello. Bill Bishop, attento osservatore della Cina e curatore della newsletter Sinocism, nota tuttavia che già alla vigilia del Congresso del 2002, che incoronò leader Hu Jintao e Wen Jiabao, in alcuni comunicati mancò il riferimento al pensiero di Mao, ma nei dieci anni successivi questo non si tradusse con la rimozione della sua figura. Intanto, proprio a ridosso dell´appuntamento dell´8 novembre, i nei dibattiti sui social network cinesi è stato sollevato il caso di Cao Xiaodong, arrestato per aver strappato una foto del Grande Timoniere.

Ancora Mao? Questo è il problema in Cina...

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