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Dal Corriere della Sera oggi in edicola

“No a derive populistiche in campagna elettorale. Chi si candida a governare s’impegni a restare nel solco europeo tracciato dal governo Monti: l’unico ambito in cui le imprese possono pensare di operare”.

Luigi Abete, presidente di Assonime (Associazione fra le società italiane per azioni), già leader di Confindustria, lancia un appello alle forze politiche perché onorino le linee guida dell’agenda Monti “che ha portato il Paese fuori dalla crisi”.

Le elezioni a febbraio cosa significano per le imprese italiane?

“Il rischio che alcuni provvedimenti importanti non vadano in porto e che non si facciano i decreti attuativi di quelli già approvati”.

Quali, ad esempio?

“La delega fiscale, su cui si è molto lavorato o la riduzione delle Province”.

Cosa propone?

“Che le forze politiche che si candidano a governare s’impegnino a fare i provvedimenti attuativi che mancano, per non disperdere tanto lavoro”.

Le basta?

“No. Questo governo si era impegnato a realizzare un programma di rigore condiviso dai principali partiti. Questa interruzione improvvisa ora può essere interpretata nel mondo come un arresto del percorso che ha portato l’Italia fuori dal guado”.

In realtà c’è chi dice che il Paese è più in crisi di prima.

“In economia prima viene la causa e poi l’effetto, se uno li confonde volutamente fa il “gioco delle tre carte”. Sento parlare di una crisi che dura da 20 anni. E’ un falso”.

Spieghi.

“C’è stata una crisi finanziaria esplosa agli inizi degli anni 90. Un risanamento avviato e consolidato tra il ’92 e il 2000 e poi, nell’ultimo decennio, una difficile gestione della spesa corrente che ci ha riportato l’anno scorso nella situazione di 20 anni fa. La fase di risanamento ce la siamo giocata pensando che la convalescenza non fosse necessaria”.

Quindi il governo Monti per lei è stato una cura?

“Una cura di rigore. E quel che ora mi preoccupa è che in campagna elettorale qualcuno pensi di mettere in discussione quel principio. E inaccettabile: si può discutere su come accelerare la crescita ma il rigore resta necessario per stare in un contesto europeo”.

Ma c’è chi quel contesto europeo di regole lo respinge.

“Questo è il punto. Allora sarò chiaro: le imprese non seguiranno un dibattito politico che ponga l’Italia fuori dal contesto europeo. Non possiamo tornare indietro al 9 novembre 2011, quando lo spread impazzì e Berlusconi si dimise. Chiediamo alle forze politiche di stare in questo alveo: spazio per politiche di avventura non c’è più”.

Le forze politiche vorranno assumere questo impegno?

“Il problema è capire se l’agenda Monti è ineludibile nel senso del semplice completamento delle cose fatte. Oppure come cultura di governo e progetto orientato all’Europa, come io la intendo”.

Chi sarebbe il migliore interprete di questa cultura?

“Certo la persona che l’ha attuata. Ma dobbiamo lasciare il professor Monti libero: lui deciderà se esserci come competitor o garante, ma anche senza di lui non possiamo bypassare la sua agenda”.

Pensa che il centrosinistra possa impegnarsi in questo senso?

“Nel centrosinistra il problema non sono gli obiettivi, che sono certamente condivisi da Bersani, ma come vengono resi: esistono componenti interne che abbiamo già visto all’opera alcuni anni or sono”.

E nel centrodestra?

“C’è un problema molto serio di coerenza: servono forti presidi per evitare rischi populistici e perché l’agenda Monti resti il riferimento”.

Ma per lei sarebbe meglio un impegno diretto di Monti…

“Se emergesse che lo schieramento di centro, su cui lavorano in molti, da Montezemolo a Riccardi e Casini non avesse una consistenza adeguata, sarebbe certamente utile che Monti ne assumesse la leadership. E farebbe nei fatti cosa utile al Paese, ma anche al centrosinistra…”.

In che modo?

“Con lui alla guida si consoliderebbe finalmente un bipolarismo di tipo europeo, alla tedesca e alla francese, senza derive oltranzistiche, con un centro forte e un centrosinistra pienamente socialdemocratico”.

www.corriere.it

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