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Intense scosse di terremoto continuano a martoriare il Centro Italia. E proprio mentre il suolo dell’Emilia sussulta a gradi di magnitudo impressionanti, un altro ampio terremoto sta affliggendo la politica del governo. Il presidente Monti ha annunciato, infatti, qualche giorno fa che sarà impiegato un aumento di 2 centesimi delle accise sui carburanti per autotrasporto in modo da rendere subito disponibili i fondi necessari agli aiuti. Si tratta, con tutta evidenza, di un modo per salvaguardare la tanta ambita e temuta spending review, con una decisione eccezionale molto discutibile che dovrebbe fare scattare gli aumenti immediatamente. Ossia dalla mezzanotte di oggi.
 
Non stupisce, d’altronde, che le reazioni siano state generalmente molto negative. Quelle della gente comune perfino violente. Il Codacons, d’altronde, ha specificato come l’aggravio costituirà un aumento della spesa di 29 euro all’anno, pari ad 1 miliardo di euro d’incasso per lo Stato. Anche Ausbef e Federconsumatori hanno osservato come il nuovo aumento s’inserisca in un costo dei combustibili altissimo e perfino spropositato. Si pensa che i cittadini, non osservati da nessuno, non vedano niente. Ma ormai sanno tutto e percepiscono benissimo il senso delle opzioni strategiche.
 
A poco vale la precisazione del Ministro Passera, il quale ha domandato contestualmente la diminuzione da parte dei petrolieri del prezzo del carburante.
Come sempre, non diminuirà niente e aumenterà tutto.
Venendo alle parti sociali, è logico che i leader che più sono opposti alla delibera governativa sono stati Di Pietro e la triplice sindacale, allineata nella posizione del “non ci piace”.
 
Ovviamente, siamo davanti ad un fronte articolato ed eterogeneo di dissenso, non esaurito dai difensori spregiudicati delle cause vinte in partenza. Ma la cosa che veramente lascia perplessi è il modo repentino e spassionato con cui l’esecutivo ha optato per questa ennesima bastonata fiscale.
Sappiamo tutti che le accise sono come i tatuaggi: una volta fatti, non c’è modo di toglierli. Pertanto, in un contesto in cui la solidità spirituale della nazione è affiorata, al solito, nel tragico con i mille volti eroici della solidarietà e della generosità, ecco che sembra invece che la logica dello Stato sia sempre quella di un rapace e carnivoro divoratore di prede sofferenti.
 
Si badi, non si tratta per nulla di populismo. Tanto meno di demagogico alzare la polvere dell’antipolitica. L’unica osservazione che deve essere fatta è il non poter ignorare il contrasto esistente tra l’algido e compassato ragionare di Monti e la terribile e terrificata paura dei cittadini terremotati, nonché la partecipazione concreta di Errani ai lavori eroici di soccorso. Una separazione che è indice di un plateale distacco tra la società, la vita delle persone e le finalità somme – si fa per dire – della realpolitik.
 
Forse per arginare l’antipolitica, bisognerebbe cominciare a ragionare in questo modo, come fa la gente, non soltanto guardando agli alti interessi del mondo. Guardare alla gente, stare con le persone, partecipare ai sentimenti profondi, ai drammi e alle speranze ultime dei cittadini. Questo è il solo antidoto all’astensione di massa dalla cosa pubblica che sta erodendo in profondità il tessuto connettivo dell’Italia democratica.
Le accise vengono dopo, molto dopo. Anzi, sarebbe meglio venissero tolte del tutto. E, per una volta, a pagare siano i creditori privati, non i debitori pubblici.

Le accise sulla benzina? Un segno di distacco

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