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Il risultato delle elezioni presidenziali di martedì 6 novembre avrà enormi conseguenze per i manager delle società statunitensi, grandi e piccole. In particolare per contributi e tasse che dovranno pagare alle authority.
 
Deluso dal presidente Obama e disperato per il mal funzionamento di Washington, gran parte del mondo del business sta sostenendo il candidato repubblicano alla Casa Bianca, Mitt Romney, scrive il Wall Street Journal.
 
La rielezione di Obama secondo molti manager comporterebbe quasi sicuramente un aumento della tassazione nei loro confronti, una forte pressione da parte delle autorità di controllo e la prospettiva di una serie di anni di frustrazione con una guida che, secondo loro, non capisce il ruolo del business ed è precipitosa nell’accusarli pubblicamente.
 
La vittoria di Romney, d’altro canto, potrebbe portare un alleggerimento fiscale, una restrizione dell’interventismo statale sulla regolamentazione e una visione di affinità con un professionista del private-equity che si descrive amico del business.
 
Chi sostiene, e chi no, Obama
 
Naturalmente Obama ha ancora supporter nella Silicon Valley, a Detroit e a Wall Street. Nel frattempo l’entusiasmo aziendale per Romney è stato temperato dopo la promessa di assumere un atteggiamento più duro con la Cina, il mercato crescente e più brillante per molte grandi società anche americane. Un’altra critica mossa a Romney e al suo braccio destro, Paul Ryan, riguarda il loro impegno a non alzare le tasse, una scelta che manifesterebbe lo scarso realismo del piano repubblicano per contrastare l’alto debito pubblico, si legge in un’inchiesta-analisi del quotidiano di proprietà del gruppo Murdoch.
 
Il nodo della riforma sanitaria
 
Molti argomenti affrontati durante i dibattiti elettorali hanno riguardato da vicino la vita delle società. La vittoria di Obama probabilmente cementerebbe il suo piano di riforma sanitaria, i cui effetti dividono il mondo del business; Romney potrebbe invece smantellarlo. C’è inoltre la possibilità di una revisione delle normative sull’immigrazione, e al nuovo presidente Usa spetta la scelta del successore di Ben Bernanke alla Fed.
 
La questione fiscale
 
Ma quello delle tasse è sicuramente l’aspetto che preoccupa di più le imprese americane. Il presidente e il Congresso dovranno decidere sulla proroga di molti tagli alle tasse che stanno per arrivare alla scadenza, e sull’aumento dell’imposizione fiscale alla fascia più abbiente della popolazione in modo da ridurre il deficit statale.
 
Le azioni riconosciute sull’economia
 
La priorità adesso è senz’altro quella di corroborare l’economia e il sistema finanziario dal collasso. I dirigenti di molte società, anche di quelle finora critiche nei confronti di Obama, apprezzano gli sforzi fatti. L’amministrazione ha dichiarato che i salvataggi hanno funzionato. Il sistema bancario statunitense è ora più sano rispetto al 2008, e in una situazione migliore di quella europea. E anche General Motors e Chrysler, entrambe salvate da Washington, hanno effettuato una ristrutturazione interna e si stanno riprendendo.
 
I contributi a Obama
 
La rottura dei contributi per la campagna elettorale di due grandi industrie, quella di Wall Street e del settore energetico, sottolinea una certa idiosincrasia nei confronti del presidente. Nel 2008, le banche d’investimento, i manager degli hedge fund e dei private equity hanno donato il 57% dei loro 170 milioni di dollari di contributi elettorali a Obama e al partito democratico. Quest’anno, finora, il 70% dei loro 220 milioni di dollari sono andati a Romney e ai repubblicani.
 
Le rassicurazioni degli obamiani
 
Il portavoce della Casa Bianca, Amy Brundage, ha dichiarato che “Obama ha istituito una politica di regolamentazione che ha come obiettivo la protezione della ricchezza e della salute dei cittadini americani e allo stesso tempo la promozione della crescita economica con la riduzione degli oneri gravanti sulle imprese”. Poco spazio ormai per critiche e apprezzamenti, il giorno del giudizio è alle porte.

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