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“Partitocrazia no, democrazia sì. Alternativa americana per gli Stati Uniti d’Europa, subito” è l’appello con cui la Lega per l’uninominale ha voluto coinvolgere cittadini e parlamentari nel corso della sua prima assemblea dell’anno. Le trattative tra i partiti sul nuovo meccanismo di voto registrano l’opzione unanime per un modello proporzionale, abbandonando ogni riferimento al principio plebiscitato nel 1993 e funzionante nel Regno Unito, Usa, Australia, Francia. Fondato sulla competizione fra candidati in collegi dove vince chi ottiene più suffragi, l’uninominale maggioritario favorisce una dinamica altamente concorrenziale tra poche forze politiche, incoraggia un rapporto di responsabilità e conoscenza fra candidati e territorio, e attribuisce ai cittadini il potere di individuare e scegliere governo e opposizione.
 
Ma la Lega per l’uninominale vuole proiettare il tema del meccanismo di voto nell’orizzonte europeo, attraverso una riforma democratica e federalista delle istituzioni del Vecchio Continente sul modello statunitense. Come l’Europa di oggi, le colonie nordamericane che avevano combattuto la lotta per l’indipendenza si ritrovarono schiacciate da un enorme debito pubblico, mentre la Confederazione a cui avevano dato vita nel 1776 si era rivelata fragile e inadeguata. Fu allora che intrapresero il percorso verso l’Unione federale consacrata dalla Costituzione del 1787. Il maggioritario di collegio come perno per costruire gli Stati Uniti d’Europa, e realizzare l’aspirazione del Manifesto di Ventotene e di Altiero Spinelli. Il quale nel 1984 convinse l’aula di Strasburgo a votare la proposta di un Trattato istitutivo dell’Unione europea, prevedendo un’articolazione federale di competenze tra Stati e autorità comunitarie, una funzione legislativa per due assemblee simili alla Camera e al Senato Usa, e l’investitura popolare di un Presidente. Un percorso abbandonato subito dagli esecutivi nazionali, con i risultati che l’esplosione della crisi finanziaria e del debito sovrano ha messo in luce. La sola alternativa al “suicidio dell’Europa accelerato dalle strategie imposte da Berlino”, osserva Antonio Martino, “è un’unione federale rispettosa della volontà popolare”. Riflessione che trova consonanza con le parole di Mario Baldassarri, persuaso che “l’unica strada per salvare un’Europa in disfacimento sia l’opzione immediata per gli Stati Uniti d’Europa e l’adozione, anche a livello comunitario, del collegio uninominale maggioritario”.
 
Nella prospettiva di rigenerazione democratica dell’Europa si inserisce la realtà italiana, dominata, osserva l’animatore della Lega e costituzionalista Fulco Lanchester, “da oligarchie partitiche spinte dalla volontà di conservare, perpetuare e riprodurre se stesse, interessate a mantenere la propria centralità nella scelta dei parlamentari e sulla vita dei governi”. Per rispondere all’ennesima “controriforma elettorale”, Lanchester invita a unire le forze su uno dei modelli maggioritari più consolidati: l’uninominale secca britannica, il ballottaggio francese, e il “voto alternativo” australiano, grazie al quale l’elettore può compiere una seconda scelta fra i concorrenti in gara e vince chi raggiunge la metà più uno dei voti tra prime e seconde preferenze.
 
Ma vi sono gli spazi per rompere il silenzio su un argomento divenuto tabù? E’ l’interrogativo di Emma Bonino, che constata come “nessun partito osi sfiorare il tema, poiché è più rassicurante dare in pasto all’opinione pubblica misure demagogiche quali la riduzione dei parlamentari, che ferisce la rappresentanza rafforzando il potere dei vertici politici sugli eletti”. Ai dubbi della vicepresidente del Senato, Bartolo Ciccardini, già esponente della Dc e protagonista della campagna referendaria per l’introduzione del maggioritario di collegio, risponde rivendicando la necessità di “promuovere una battaglia parlamentare di testimonianza quando verrà affrontata la riforma elettorale”. Perché “innalzare la bandiera di un meccanismo radicato nella coscienza popolare, rendere pubblica l’alternativa alla soluzione privilegiata dai partiti, può gettare i semi di una riscossa delle ragioni del ‘93”.

Riforma elettorale, il rilancio del partito dell'uninominale

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