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Si assiste allibiti all’escalation di notizie sulle presunte malversazioni dell’attuale gruppo dirigente di Finmeccanica su cui sta indagando la magistratura. L’attenzione si concentra sugli aspetti giudiziari, quelli più scabrosi; molti si attendono qualche fatto che costringa un cambiamento. Stupisce però il silenzio di tanti, nei media e nel mondo politico sempre pronti a scatenarsi con prese di posizione su tutto, ad esempio il caso Fiat, ma su questo argomento singolarmente silenti. Quasi che non ci fosse la consapevolezza che ci troviamo di fronte non solo al secondo gruppo industriale italiano ma soprattutto a un’industria veramente strategica per il suo ruolo nell’innovazione tecnologica, nella difesa, nella sicurezza, nella politica estera.
 
Oggi sono rimasti 70.00 dipendenti, di cui 45.000 in Italia, divisi fra Lazio, Campania, Liguria, Toscana e Abruzzo che stanno rischiando davvero il loro futuro, e con loro tutto il Paese che rischia di perdere, o di vedere fortemente ridimensionato, un gruppo che è stato, nel recente passato, il quinto al mondo nel settore dell’aero-spazio e difesa. Perché il vero problema non sono le vicende giudiziarie, che senz’altro minano irreversibilmente la reputazione dell’azienda nel mondo, e che sono segnali inquietanti di una cultura manageriale incompatibile con i valori dell’etica ma anche di una corretta e intelligente gestione aziendale, quanto la deriva più che negativa che il gruppo ha imboccato negli ultimi mesi, incapace di ritrovare il suo ruolo sui mercati e apparentemente privo di una strategia industriale in grado di fargli interpretare il futuro con qualche visione.
 
Abbiamo capito che si vuole dismettere alcuni asset per tappare un buco finanziario sulla cui improvvisa comparsa sarebbe quanto meno opportuno approfondirne le dinamiche, ma non è comprensibile il collocamento futuro del gruppo. Certamente i manager di Piazza Monte Grappa lo avranno ben spiegato ai loro azionisti, meno agli investitori che continuano a non credere all’azienda e si infiammano solo quando si avvicinano possibili vendite che aprono ipotesi meramente speculative.
 
Il governo dei professori ha aspettato a lungo che qualcuno gli risolvesse il problema ma ora sembra che debba proprio agire, Allora per la prima volta Il premier Mario Monti si troverà di fronte una situazione per lui inusuale: dovrà fare una scelta ed assumersi la responsabilità (e il rischio) della qualità dei manager e dei risultati che otterranno. Infatti per un’azienda complessa com’è Finmeccanica non sembra possibile replicare un’operazione stile Rai (paracadutare dall’alto personalità del tutto avulse dal sistema passato e da specifiche conoscenze del settore) ma sarà necessario trovare subito uomini in grado di capire subito cosa devono fare, con cognizioni ed esperienze in un settore così particolare quale quello in cui opera l’azienda, in grado di avere una visione chiara e innovativa di una strategia che conduca l’azienda verso il domani, e, nel contempo non coinvolti nelle passate gestioni del gruppo. Uomini in grado di prendere in mano subito la situazione organizzativa interna, di essere credibili all’interno e all’esterno, e di saper motivare manager e dipendenti che oggi appaiono depressi e sconcertati.
 
Non sarà facile e i nomi che abbiamo visto in questi giorni ci riportano più a scelte effettuate attraverso i soliti filtri del potere finanziario e politico piuttosto che dalla ricerca di quelle doti e qualità necessaria a rilanciare l’azienda.

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