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L´idea che il principio potesse applicarsi all´Unione europea non ci aveva sfiorato finché tutte le sue istituzioni, pur di non porre sul tavolo il tema dell´unione politica, si sono prodigate in ghirigori per fare ciò che era doveroso fare per fronteggiare la crisi dell´euro. Ha cominciato la Bce acquistando, ma sul mercato secondario, titoli sovrani in difficoltà e sposando la politica monetaria accondiscendente della sorella Fed; però ha nascosto la mano, avvertendo che la sua politica non è esattamente quella d´oltre Atlantico e non durerà a lungo.
 
Hanno fatto seguito con fatica gli altri organi dell´Unione europea i quali, accertata la ferma volontà della Bce di non fungere da prestatrice di ultima istanza, hanno deciso di simulare questa determinante funzione creando un Fondo salva Stati, affidato in gestione alla Bce che, in questo modo, ottiene una garanzia per i propri investimenti in titoli sovrani. L´Unione europea, però, pur di non ammettere la comune responsabilità dei salvataggi (che avrebbe la sostanza di un´unione politica), ha aggiunto un duplice ghirigoro: la dotazione è limitata a 500 miliardi di euro, elevabili a mille; il Fondo stesso si trasformerà da momentaneo a permanente. L´ultimo ghirigoro l´ha offerto la cancelliera Merkel nel corso del suo viaggio in Cina. Ha sollecitato l´interessamento al Fondo salva Stati da parte dei cinesi, che correttamente hanno dato una risposta in grado di unire direttamente due punti: siamo disponibili a intervenire attraverso il Fmi, ossia secondo le regole che governano l´architettura monetaria internazionale.
 
I cinesi hanno interesse che l´euro sopravviva come valuta di riserva forte, è una loro ovvia necessità geopolitica, oltre che geoeconomica. Poiché però la Merkel non è l´amministratore delegato del Fondo salva Stati, c´è da augurarsi che si sia consultata prima con gli altri partner sulla mossa politica che stava per prendere, poiché l´Ue, che stampa una sua moneta, quella che deve difendere dai suoi stessi ghirigori, non ha necessità di avere fondi esteri. O meglio, ne ha se continua a considerare ogni intervento come responsabilità pro quota gravante sul bilancio degli Stati membri e non una responsabilità solidale, politica, che si iscrive nei conti dell´Unione europea stessa. ´Ritto ciò in punta di teoria dello Stato.
 
Vi è però qualcosa in più, sul piano economico. Se la Germania ha un surplus della sua bilancia di parte corrente pari a 150 miliardi di euro e l´Eurozona ha un deficit sull´esterno di 60 miliardi (210 se si tiene conto della correzione sul totale del solo surplus tedesco), significa che l´euro è sottovalutato per la Germania e sopravvalutato per il resto dell´Eurozona. Poiché non si può ricorrere alla flessibilità del cambio per aggiustare lo squilibrio, ci teniamo sulle spalle questo peso destinato a crescere per le politiche deflazionistiche che ci sta imponendo. Tra queste brilla, per l´Italia, un ventennio di deflazione per rientrare nel parametro debito pubblico/Pil con un avanzo di bilancio di 5 punti di Pil all´anno.
 
Continuiamo a firmare trattati europei che ci impediscono di crescere economicamente e socialmente, senza adeguati dibattiti e valutazioni da parte dei cittadini, evidentemente considerati incapaci di giudicarli. Per tutto ciò, siamo in preoccupante attesa di conoscere la risposta del nostro governo a questa situazione corrente e in prospettiva. I soldi al Fondo devono metterli i tedeschi, forse è giusto dire che li devono restituire loro, non chiedere ai cinesi che, nonostante godano della nostra ammirazione, non fanno, né danno, nulla per nulla.
 

Il ghirigoro che divide Germania e Cina

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