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Quando Andre Agassi contattò il premio Pulizer J.R.Moerhringer per ringraziarlo di avere scritto “Il bar delle grandi speranze” e proporgli di raccontare la sua storia di vita, il tennista non immaginava che la sua autobiografia sarebbe stata un successo editoriale. Pubblicato negli Stati Uniti nel 2009 con la casa editrice Alfred Knopf, “Open. La mia storia” è uscito in Italia per i tipi di Einaudi nel 2011. L’accoglienza, sia da parte del pubblico che dalla critica e la stampa, è stata discreta. Qualche migliaio di copie, non più. Alla fine dell’anno hanno scritto ottime recensioni Alessandro Piperno e Alessandro Baricco. Dopo, i tweet celebrativi di Jovanotti e Valentino Rossi senza nessuna conseguenza nelle vendite.
 
È stato solo dopo l’estate del 2012 che è accaduto il miracolo: la storia di ribellione, sconforto e perseveranza del tennista che ha vinto otto Grande Slam nella sua carriera ha superato in vendite il best-seller della saga “Cento sfumature” di E.L. James. Ed è ferma lì, nei primi posti della classifica dei libri più venduti.
 
Con quindici edizioni e 130 mila copie vendute (di cui 50 mila negli ultimi tre mesi), “Open” è la prova che il mondo dell’editoria può ancora sopravvivere. Senza stratosferici investimenti ma sostenendosi con il motore della letteratura: le storie. “Open” era confinato nel dimenticatoio dei libri che non sono più novità.
 
Non era spalancato all’ingresso delle librerie, non ha mai avuto pagine di pubblicità sui principali quotidiani. Niente fiumi di interviste o il riconoscimento del premio Strega o il Campiello, nessuna spinta dal marketing editoriale. La prova è che nonostante si parlasse ovunque di “Rafa. La mia storia”, autobiografia di Rafael Nadal (Sperling & Kupfer, 2011), il libro non ha avuto nessun eco. E allora perché quello di Agassi è un successo?
 
“Open” è la storia di un bambino a cui il padre ha rovinato l’infanzia facendolo colpire 2.500 palle di tennis al giorno perché doveva diventare il numero uno al mondo. E dopo esserci arrivato è ricaduto sconfitto dai propri timori ed è arrivato al posto 141. Ma dopo ha rivinto ancora. La storia di Agassi e la narrazione con cui lo scrittore Moerhringer la racconta creano una formula vincente e grazie a quella intuizione ripaga (anche economicamente) l’editore.
 
Paolo Repetti, editor di Einaudi, ha detto sul fenomeno “Open” che il passaparola è sopravvalutato. Ma molto probabilmente è stato decisivo nel caso dell’autobiografia di Agassi. La storia, che tratta senza pretese né moralismo le difficoltà di sconfiggere la sfiducia sul mondo e su se stesse, è piaciuta ai lettori e si è sparsa la voce.

Metafora di un’editoria pimpante. Il caso Agassi

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@chedisagio

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