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Per avvantaggiare il nostro Paese nell’uscita dalla crisi e riprenderci economicamente al meglio, con chi varrebbe la pena allearci (se questo fosse possibile)? Con gli Usa o la Cina? La mia tentazione è di cominciare, e concludere, anche con considerazioni di carattere morale sulla affinità o no di culture economiche fondate su radici religiose diverse, in specifico su religioni con o senza un Dio creatore. Ciò perché la mia preoccupazione, alla fine, non sta tanto nel capire quale alleanza possa permetterci di restare, o ritornare, ricchi al più presto, quanto come farlo assicurando, o meglio, accrescendo, il rispetto per la dignità dell’uomo nel mondo.
Anche il pontefice sembra convinto che la crisi vada presa sul serio soprattutto perché per noi occidentali il deleveraging significherà almeno cinque anni di austerità. Così l’economia agricola può ritornare realmente a essere una risorsa per il futuro, purché non si costruiscano nuovi modelli competitivi con i Paesi più poveri per i quali questa è l’unica risorsa. Senza dimenticare che anche nei Paesi ricchi molti poveri lavorano nel settore agricolo. Per vent’anni abbiamo fatto alleanze vantaggiose sul modello consumistico, orientate solo sull’importazione a basso costo, senza preoccuparci troppo di creare una strategia che sviluppasse anche posti di lavoro al nostro interno.
 
Con gli Usa, simbolo di libertà e democrazia, l’Italia ha una vecchia storia di affinità. La crisi economica ha però un po’ offuscato questa sua immagine. Gli Usa hanno prodotto per due decenni una crescita consumistica a debito (soprattutto delle famiglie), insostenibile, che ha fatto saltare il sistema finanziario estendendo la crisi al mondo intero. Che l’abbia fatto per il bene del mondo, sostenendo la difesa contro le ingiustizie e il terrorismo, o solo per assicurare equilibrio di potere economico verso la crescita di poteri nuovi nei Paesi emergenti, oppure solo per non deludere il sogno americano di benessere fondato sulla fiducia nel futuro, non è oggetto di queste considerazioni. Allearsi con gli Usa in questo momento comporterebbe vantaggi e svantaggi.
 
I vantaggi per noi sarebbero soprattutto di poter disporre di tecnologia e capitali privati di cui le nostre imprese abbisognano. Gli svantaggi stanno nella loro situazione finanziaria debole. Gli Usa stanno nazionalizzando il debito privato eccessivo e non sarebbero in condizioni di migliorare il nostro debito pubblico. Non ci avvantaggerebbero nella necessità di crescere le esportazioni visto che il presidente Obama considera prioritario sostenere l’export Usa per recuperare occupazione interna. Per farlo sembra utilizzare lo strumento di svalutazione del dollaro e lascia immaginare protezionismo verso l’import cinese. Queste due manovre insieme alla crescita di massa monetaria della Fed, se non controllate, produrranno inflazione monetaria, di costo materie prime e di prezzi. Con la Cina non abbiamo una grande storia passata da vantare e la differenza politica e culturale non va sottovalutata. Un’alleanza con lei (se fosse possibile) metterebbe anche forse in discussione il rapporto con quella “fidanzata gelosa” che sono gli Stati Uniti. Ma la Cina sta diventando un mercato enorme di consumo di cui potremmo trarre vantaggi. Poi ha enormi risorse da investire, sia nel nostro debito pubblico, che in quello delle imprese e banche. Potrebbe aiutarci a ricapitalizzare e sostenere il nostro export. Il fatto è che potrebbe farlo con l’intento di cogliere le nostre difficoltà per assicurarsi un’espansione produttiva e di controllo economico stabile e persino definitivo. Sarei anche un po’ sorpreso se non fossero, alla fine, Cina e Usa a doversi (obtorto collo) alleare. E l’alleanza fra due grandi, troppo grandi per non trovare accordi, ben poca attenzione riserverebbero a noi piccoli…
 
Esiste una terza via potenziale su cui riflettere? Secondo molti saggi questo è il momento di costruire una vera Europa. Per realizzare oggi l’Europa si ha poi l’impressione che non si possa prescindere dalla Germania, che guida l’economia europea. E con la Germania abbiamo affinità e abitudine a lavorare insieme (il Veneto e la Baviera sono un’area economica da anni). Con il suo aiuto si potrebbe meglio definire una strategia produttiva, di export e anche di modelli concertativi produttivo-sindacali. La Germania ha anche risorse tecnologiche e naturali, che a noi mancano. Ciò che potrebbe essere difficile (ma stimolante) per noi è riuscire a “tenere il loro passo” sul modello economico, sulla spesa pubblica, sull’efficienza.
Non mi pare abbiamo tante altre scelte, abbiamo è vero una struttura straordinaria di Pmi con capacità imprenditoriali uniche, ma abbiamo anche alti costi fissi e conseguenti tasse alte in un Paese di vecchi, non abbiamo sempre costi competitivi, non abbiamo sempre tecnologia sufficiente, non abbiamo più prodotti unici così difendibili nel mercato globale. Ma per carità, non arriviamo a dover decidere troppo tardi sulla base del vecchio principio perdente: Usa, Cina o Germania, purché se magna…

L'alleanza migliore per l'Italia

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Benchmark o über alles?

Si sente ripetere che l’Italia si dovrebbe comportare come la Germania, avendo dimostrato questo Paese d’essere capace di fronteggiare la crisi globale meglio degli altri Paesi europei. Nessuno tuttavia spiega che cosa dovremmo imitare, ove si escluda il continuo richiamo al contenimento del deficit pubblico e dei salari o alla più generica tesi che occorre “fare le riforme”. La politica…

L'equilibrio fra mercato e società

Cosa è esattamente il modello tedesco o modello renano, di cui tanto si parla, a volte in modo alquanto superficiale? È un modello di politica economica che applica alla realtà tedesca i principi della economia sociale di mercato ovvero della dottrina sociale cristiana. Al centro c’è una certa idea dell’impresa. L’impresa non è semplicemente una società di capitale volta a…

Profilo di una geopolitica di potenza

A scrivere di Germania si corre un grave pericolo. Quello di farsi ammaliare dalle sirene del dato di cronaca, cedendo alla tentazione di tuffarsi nel vortice di scadenze elettorali più o meno ravvicinate, comunicati, smentite e contro smentite, fluttuazioni di Borsa. Così facendo, il rischio è di rimanere inabissati nei dettagli senza tracciare un quadro di sintesi. La Germania, come…

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Marco Biagi non sbagliava. Se in Italia la mancata evoluzione del sistema di relazioni industriali ha determinato un sostanziale ristagno della produttività delle aziende e soprattutto delle retribuzioni dei lavoratori, oggi nella Repubblica Federale le aziende, anche grazie al senso di responsabilità dimostrato dal sindacato, sono altamente competitive. E le retribuzioni dei lavoratori sono le più alte d’Europa “Le multinazionali…

Seminario 'Rinnovabili, che fare?'

Il tema delle energie rinnovabili è al centro del dibattito pubblico. Come regolare questo importante comparto dell´economia italiana coniugando le necessità ambientali richieste anche dall´Unione Europea con gli interessi legittimi degli operatori e quelli altrettanto rilevanti dei consumatori? Alla luce delle scelte fatte dal Governo, Formiche organizza un´occasione di confronto costruttivo e a porte chiuse con i dirigenti del ministero dello…

Brainstorming 'Verso gli stati generali dell'editoria'

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Lezioni verdi

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Da tempo è in corso uno scontro tra i grandi gruppi europei che hanno colto, nell’apertura imposta dal Trattato di Maastricht, l’occasione per rafforzarsi in Italia. Per le caratteristiche di ricchezza tradizionale delle nostre province centro-settentrionali, per la proiezione internazionale offerta dalla stessa posizione geografica, per la profondità e l’intensità delle relazioni economiche (logistica, subfornitura specialistica, diffusione d’impresa) che articolano…

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