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La distribuzione geografica della nostra presenza imprenditoriale riflette in parte la storia dell’immigrazione italiana ed europea dei secoli scorsi: il 57% delle imprese italiane sono infatti radicate nello Stato di San Paolo. La restante quota è distribuita negli Stati di Minas Gerais (10%), Rio de Janeiro (9%), Paraná (7%), Rio Grande do Sul (4%), Espirito Santo (4%) e Santa Catarina (3%). Merita peraltro segnalare l’interesse manifestato negli ultimi anni da imprenditori italiani per l’avvio di investimenti negli Stati del nord-est, geograficamente più marginali, ma che offrono interessanti potenzialità (energia, ambiente e infrastrutture). L’Istituto nazionale per il commercio estero ha censito finora 370 filiali e uffici di rappresentanza di imprese italiane. Oltre a circa 50 grandi imprese produttive, commerciali e di servizi, 4 istituti bancari, 6 imprese di costruzione, sono presenti circa 300 filiali di Pmi italiane, senza contare il numero molto più ampio di investimenti da parte di imprenditori italo-brasiliani non necessariamente vincolati ad una casa madre in Italia.
La crescente integrazione del Brasile nei mercati internazionali si sostanzia anche in un aumento dei flussi di capitale. Il Brasile è, infatti, grande ricettore di investimenti diretti esteri (Ide). Nel 2009 questi hanno raggiunto la cifra di 30,4 miliardi di dollari che, seppur in calo rispetto al 2008 (43,9 miliardi) per effetto della crisi finanziaria, rappresentano comunque un livello estremamente ragguardevole. L’Italia nel 2008 ha fatto registrare 326 milioni di dollari di investimenti e nel 2009, nonostante la crisi, 215 milioni di dollari. I primi dati del 2010 indicano peraltro un aumento di circa l’80% dei nostri investimenti diretti in Brasile. Al di là del dato contabile, si registra un sostenuto interesse degli imprenditori italiani ad investire in Brasile. Negli ultimi anni, anche grazie agli interventi della Sace e al sostegno della Simest, la presenza economica italiana è cresciuta significativamente.
 
Tra i nomi più illustri citiamo a titolo di esempio il Gruppo Fiat, Pirelli, Telecom Italia, Campari, Ferrero, Tecnimont, Danieli, Techint, Alma Viva, Mossi e Ghisolfi, Ghella, Impregilo, ma ce ne sono molti altri ancora. I settori sono tra i più svariati ma vale la pena indicare dei casi di successo. Il gruppo Fiat si è confermato anche nel 2009 leader di mercato in Brasile con una quota del 23% e una produzione annuale di circa 800mila veicoli l’anno. Quest’anno ha inaugurato una nuova fabbrica di macchine agricole a Sorocaba (San Paolo) ed ha avviato, attraverso Iveco, la produzione di veicoli blindati per l’esercito brasiliano. Nel settore delle telecomunicazioni, Telecom Italia controlla la Tim che è uno dei quattro operatori di telefonia mobile in Brasile, che ha confermato l’intenzione di continuare ad investire massicciamente in Brasile, per rafforzare la propria posizione rispetto alla concorrenza ed entrare nel mercato della banda larga. Il gruppo Api ha investito nell’olio vegetale (olio di “Jatropa”) a fini di generazione di energia e produzione di biocombustibili. Nello scorso giugno è stato inaugurato a Barra do Garças, nello Stato del Mato Grosso, l’impianto a biomassa della Bio (Brasilian italian oil comércio e exportação Ltda) gra-zie al contributo tecnologico e finanziario della C&T SpA di Ancona. La Saipem, la società di servizi petroliferi che fa capo ad Eni, sarà chiamata ad installare una piattaforma per l’estrazione di metano nel bacino di Santos, grazie ad un accordo che ha firmato con Petrobras. Nel settore della nautica il presidente di Azimut-Benetti, ha annunciato che è prevista la costruzione del più grande cantiere navale coperto del mondo a Itajaí, nello Stato di Santa Catarina. Si potrebbe anche andare avanti ma quello che conta in questa sede è capire che le imprese italiane non stanno a guardare e si sono rese conto già da tempo che il Brasile non è più una promessa, è una realtà.
Tutto lascia presagire che gli investimenti italiani in Brasile aumenteranno. Non dimentichiamo che l’organizzazione dei prossimi eventi sportivi (Mondiali di calcio e Olimpiadi a Rio de Janeiro) produrrà degli effetti benefici sull’economia del Paese. Contribuirà a mantenere la crescita su livelli sostenuti e darà l’impulso alla crescita di parecchi settori, ottima occasione per le nostre imprese già presenti di consolidare le proprie posizioni e alle nuove di crearsi degli spazi di manovra.
 
Il Brasile è sensibilmente maturato negli ultimi anni e ha definitivamente conquistato la stabilità macroeconomica. Ciò è dimostrato dalla tenuta delle finanze pubbliche e del sistema finanziario, in particolare durante la crisi dello scorso anno. Vale la pena ricordare che nel corso del 2008 due delle principali compagnie di rating mondiali (Standard and Poor’s e Fitch) hanno promosso il Brasile al primo gradino del cosiddetto “grado di investimento” e nel 2009 anche la terza compagnia di rating (Moody’s) ha concesso al Brasile la promozione al primo step della fascia considerata grado di investimento. Il presidente della Banca centrale del Brasile, Meirelles, ha sottolineato che «il Brasile è il Paese del presente», e che oltretutto, secondo l’Unctad, è la terza destinazione degli investimenti esteri nel mondo e sta raggiungendo l’India al secondo posto. Alla luce della valutazione del rischio politico, economico, finanziario ed operativo del Paese, il Country risk rating complessivo assegnato al Paese da Sace è stato innalzato a L3, equivalente a 3 in una scala da 1 a 9, dove 1 è il rischio minimo. Un dato positivo, a dimostrazione anche della raggiunta maturità politica, è rappresentato dal fatto che la campagna elettorale per le elezioni presidenziali di ottobre, a differenza di quanto avveniva in passato, non è stata causa di volatilità sui mercati finanziari.
«Il Brasile ha un’aspettativa di crescita sostenuta per il futuro», quest’affermazione del presidente della Banca centrale del Brasile è totalmente condivisibile.
Dopo tutto quello che è stato detto fin qui non è difficile intendere quali siano i vantaggi di chi abbia intenzione di investire in Brasile, soprattutto da parte degli addetti ai lavori. Come è stato già fatto osservare, stanno arrivando capitali un po’ da tutto il mondo e sempre più imprese si stabiliscono in Brasile, non è certamente un caso. I rischi sono quelli che si devono sempre considerare quando ci si avventura in operazioni del genere, né più né meno di quanto si faccia in situazioni analoghe in altre parti del mondo. Uno svantaggio però è evidente. Oggi è molto più costoso investire in Brasile soltanto rispetto a tre o quattro anni fa. Chi lo ha fatto in quell’epoca, sta gongolando.

Terra di affari nostri

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