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Alle 13.25 “Re”, il blog ospitato sulla piattaforma de” ilcannocchiale”, non era più visibile.  La Comunità ebraica di Roma aveva già da tempo richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Nel blog aperto il 16 gennaio, infatti, era stato pubblicato un post contenente una lista: 162 nomi di docenti dell’Università La Sapienza di Roma. A questa “black list” corrispondevano i nominativi di tutti professori italiani “accusati di fare lobby” e “baronaggio sionista”. Dunque, secondo il blogger, ebrei o persone vicino al mondo ebraico. Questo diario on line si apriva con l’immagine dei Re Magi sui cammelli, che imbracciavano delle armi attraversando il deserto. Sullo sfondo una notte tempestata di stelle.

Il fatto che il blog non sia più visibile, però, dipende esclusivamente dal suo autore. “È una scelta degli stessi gestori del sito” spiegano gli investigatori della Polizia postale e delle comunicazioni. “Non siamo stati noi ad oscurarlo e per qualsiasi intervento aspettiamo di sapere quali tipo di reati ipotizzerà eventualmente la magistratura”. Per la polizia non sarà difficile risalire ai responsabili del gesto perché su internet “tutte le tracce sono indelebili”. Sulla testa del blogger potrebbe pendere l’accusa di reato di ingiuria, con l’aggravante di discriminazione razziale.

“La comunita’ ebraica non si farà intimidire” – avverte Riccardo Pacifici, portavoce della Comunità ebraica di Roma, proseguendo – “Testimonia un meccanismo perverso al quale noi abbiamo deciso, per ovvi motivi, di non rimanere indifferenti ma abbiamo deciso di lanciare una sfida: se qualcuno ha nel suo immaginario colletivo l’idea che gli ebrei quando sono sotto pressione o vengono ricercati si nascondono evocando immagini di triste memoria, credo che abbiano sbagliato interlocutore”.

Da tutto il mondo politico arriva profondo sdegno per l’accaduto. E mentre il leader del Pd, Walter Veltroni, appoggia l’oscuramento della rete in casi come questo, Mario Adinolfi, blogger e politico, anche lui del Pd, invita ad usare la cautela. “Bisogna stare attenti alle limitazioni della rete” spiega Adinolfi, aggiungendo che l’intervento è ammesso solo per “questioni vitali, come la civiltà”. Il giovane politico avverte: “La rete è la vita, perciò ci si può trovare di tutto”.

A rimanere sbigottiti anche molti intellettuali. Non sembra essere molto sorpreso, però, David Bidussa,  studioso di storia contemporanea, che raggiunto dalla notizia commenta così: “In Italia ci sono state spesso liste di questo tipo”. Quel che lo preoccupa è invece la non clandestinità della lista stessa, perché “vuol dire che chi la rende pubblica è sicuro che ci sarà impunità”. Per l’intellettuale “l’antisemitismo è un insieme di frasi, idee e immagini che nel tempo si accumulano come in un archivio: è  in precisi momenti storici che tutto ritorna fuori”.

Casi come questo non sono nuovi. Già nel 2001 era stata pubblicata una lista antisionista sul sito “holywar”, subito oscurato ma riapparso nel 2003. Bidussa non è convinto nella censura perché “è come curare gli effetti ma non la malattia”. Se non si va all’origine del problema, questo riaffiorerà sempre sotto nuove vesti. E allora quale è la soluzione? Sono proprio gli intellettuali ad invocare una seria riflessione politica e culturale, perché lo sdegno non può bastare. La “lezioncina” non è abbastanza, perché è come “colpire una palla immersa nel fango: non si sposta”.

Antisionismo in rete: va censurato?

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