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Lo abbiamo fatto ancora, si dice soddisfatto Rick Santorum dopo la doppia vittoria in Alabama e Mississippi, gli stati gemelli del sud, una vittoria inaspettata, per cui vale la pena ringraziare “dio e tutti quelli che hanno pregato per questo risultato”.
 
Per Mitt Romney, finito terzo in entrambi gli stati, è invece un boccone difficile da digerire, un colpo ben assestato, ma non un KO.
 
“Nessuno pensava che avrebbe vinto in questi due stati”, hanno detto quelli della sua campagna, ignorando deliberatamente il fatto che, proprio ieri, l´ex governatore non aveva nascosto il suo ottimismo parlando davanti alle telecamere. Tuttavia, nonostante i sondaggi tutto sommato favorevoli della vigilia, in due stati che rappresentano lo zoccolo duro del partito repubblicano, Romney – troppo moderato, troppo del Nord, troppo mormone – difficilmente poteva fare molto meglio di come ha fatto.
 
Con due stati in meno che devono andare al voto prima della convention di Tampa, il quadro tutto sommato poco cambia: Romney è sempre il favorito, perché nonostante la doppia sconfitta, continua ad avere un significativo vantaggio nella conta dei delegati (ha almeno 472 delegati, contro i 244 di Santorum e i 127 di Newt Gingrich e il margine potrebbe allargarsi ulteriormente se vincerà, come possibile, negli Stati del Pacifico, ovvero Hawaii e Samoa Americane, dove i caucus sono iniziati nella notte americana e il risultato del voto si avrà solo nella mattina, il primo pomeriggio italiano).
 
“E´ la gente comune che vince contro l´establishment, tutto l´establishment, contro il denaro e le probabilità”, ha detto un Santorum galvanizzato, che ha incassato una vittoria buona per il morale.
 
Il vero sconfitto della serata è l´ex speaker della Camera Newt Gingrich, che i sondaggi davano per favorito in stati dove giocava in casa e dove doveva per forza portare a casa il risultato per tenere viva la speranza di un rilancio della sua corsa elettorale: così non è stato, ma nonostante il pessimo risultato non ha alcuna intenzione di lasciare la gara, come qualcuno aveva speculato a seggi ancora aperti.
“Abbiamo portato a casa molti delegati (Gingrich è arrivato secondo sia in Alabama che in Mississippi, con il 30% dei voti), si deciderà alla convention a Tampa. Un frontrunner che arriva terzo, non è un grande frontrunner”, ha detto lanciando la sua stoccata a Romney, che non ha replicato, preferendo non mostrarsi ai suoi sostenitori. Da Gingrich sono invece arrivate congratulazioni per Santorum, in qualche modo un alleato per sottrarre voti al comune rivale.
 
E pensare che a seggi ancora aperti, l´ex senatore non aveva esitato a dire, tra il serio e il faceto, che “sarebbe bellissimo se Gingrich uscisse dalla competizione”.
Guardando avanti, a stati che sulla carta sembrano essere favorevoli all´ex governatore del Massachusetts (si vota sabato in Missouri, il 24 marzo in Illinois, quindi nel District of Columbia, Maryland e Wisconsin, prima di passare agli stati del nord-est), Romney ha più che altro un problema di gestione delle risorse: in Alabama e Mississippi aveva raccolto molti più fondi degli avversari, ne aveva spesi quasi il doppio rispetto agli altri, e non è riuscito ad andare oltre un terzo posto.
 
Il suo asso nella manica, però, sono proprio gli stati che dovranno andare al voto nelle prossime settimane: in molti di quelli dove il vincitore porta a casa tutti i delegati in palio, è lui il favorito. Come ha però profetizzato Gingrich, la corsa elettorale potrebbe arrivare fino alla convention in Florida il 27-30 agosto: per il momento, nessuno dei candidati è ancora vicino ai 1.144 delegati necessari per aggiudicarsi la nomination e, avanti come si è andati finora, l´ipotesi di una brokered convention (in cui appunto nessun candidato arriva alla quota minima per la nomination) è tutt´altro che balzana.

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