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La crisi della politica e la sua progressiva trasformazione in Casta non è figlia solo dei costi particolarmente alti e dei privilegi. Quello che più suscita irritazione è il fatto che Parlamento e governo appaiono incapaci di decidere nell’interesse generale. Il nostro Paese avrebbe bisogno di nuove infrastrutture (strade, ferrovie, porti, aeroporti) e nuovi impianti energetici (rigassificatori compresi).

Questa necessità è figlia di un ritardo di oltre vent’anni ma si è resa particolarmente grave con questo governo. Non perché il centrosinistra o Prodi siano così tanto peggio dei loro predecessori ma semplicemente perché il risultato elettorale e la natura della coalizione hanno fornito alle formazioni minori della sinistra radicale uno straordinario potere di veto. Così capita che il ministro Ferrero di Rc si mette di traverso sui provvedimenti del welfare e il collega Bianchi cerchi di evitare i lavori sulla Sa-Rc. Ma ciò che desta più preoccupazione è la situazione di blocco che si registra al ministero dell’Ambiente. E’ toccato a Di Pietro denunciare che sono fermi alla commissione per la valutazione d’impatto ambientale (Via) opere pubbliche (stradali e autostradali) dal valore di 36 miliardi di euro. Se si tiene conto che nel Dpef sono previsti investimenti per 32 miliardi di euro nei prossimi cinque anni, si può ben valutare come il costo del non decidere sia superiore a quello del fare.

Questo è solo un esempio. E’ un altro collega di Pecoraro Scanio, il ministro Bersani, a segnalare in un report ufficiale il dato inquietante per cui dal 2002 al 2006 sono stati autorizzati circa 21.400 MWe di nuova potenza (relativi a 45 progetti industriali). Da novembre 2006 a giugno 2007 non è stato emesso alcun decreto autorizzativo. Fra le difficoltà dell’iter della Via e i continui ricorsi degli enti locali e dei comitati ‘verdi’non è aumentata la potenza elettrica del sistema Paese. Non solo. Dopo aver tentato più di una modifica, Pecoraro Scanio non è riuscito a riformare la cosiddetta “delega ambientale”. Ora ci riprova con un provvedimento di dubbia costituzionalità e che nel merito prevede, fra l’altro, un iter autorizzativo per la Via che dura non meno di 950 giorni. Quale investimento si può fare prevedendo questi tempi? E beffa che va aggiungersi al danno, lo stesso ministro dell’ambiente nomina una nuova commissione Via. Lo fa con un blitz il 10 di agosto ma a tutt’oggi le nomine non risultano operative.

Il ministro Di Pietro, cui toccava nominare la parte integrante della commissione, si è rifiutato. Insomma, un gran caos. Il cui costo si scarica sulle imprese e sui contribuenti che pagano bollette altissime per l’elettricità e il riscaldamento e viaggiano su arterie congestionate. La priorità, come si vede, non è ridurre i costi ma ridurre il potere di veto dei partiti (specie quelli del 2%).

Epolis, 5 ottobre del 2007

Il governo e i veti dei radicali "rosso verdi"

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