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Corridoi umanitari per liberare i centri pieni di migranti gestiti dal governo libico, 30 automezzi italiani consegnati per il controllo delle frontiere, formazione delle forze di polizia per combattere i trafficanti. Sono alcuni dei punti più importanti discussi a Tripoli dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’incontro con il presidente del Governo di accordo nazionale, Fayez al Sarraj. Una nota del Viminale spiega anche i passaggi più politici del confronto, a cominciare dal tema dei centri nei quali sono detenuti i migranti che vorrebbero raggiungere l’Europa e che vivono spesso in condizioni inaccettabili. Su questo il ministro ha “ribadito la necessità di attivare operazioni di evacuazione dei migranti presenti nei centri gestiti dal Governo libico attraverso corridoi umanitari organizzati dalla Ue e gestiti dalle agenzie dell’Onu: Oim e Unhcr”.

L’incontro è avvenuto tre giorni dopo la conferenza di Trieste del 13 luglio promossa dall’Italia, dalla Commissione europea e dalla presidenza di turno tedesca al termine della quale si raggiunse un’intesa su una strategia per affrontare i flussi migratori condivisa tra i Paesi europei di frontiera e quelli dell’Africa del nord. Con il presidente al Sarraj il ministro Lamorgese ha ribadito che il controllo delle frontiere resta fondamentale così come i flussi di immigrazione irregolare vanno gestiti “sempre nel rispetto dei diritti umani e della salvaguardia delle vite in mare e in terra”.

La Libia va aiutata nella lotta ai traffici illeciti anche formando le forze di polizia e la cooperazione sarà rafforzata attraverso specifici progetti di formazione. Inoltre, 30 automezzi sono stati consegnati per il controllo delle frontiere terrestri nell’ambito del progetto del Viminale, datato 2017 e cofinanziato dall’Unione europea, che puntava al controllo dei confini nel più ampio contesto del “capacity building”. La nota del Viminale ricorda anche la necessità del supporto a favore delle popolazioni locali dei Paesi di transito dei traffici irregolari, compresa la Libia, ma è chiaro che oltre alle buone intenzioni serve un massiccio finanziamento europeo che ancora manca. A questo proposito, infatti, si ricorda l’accordo economico firmato dall’Unione europea con la Turchia per fermare i profughi e la necessità che un’analoga decisione venga attuata “nel quadrante del Mediterraneo centrale”.

In una nota del Gna, anche il governo libico ha definito il tema più importante quello sul “dossier della cooperazione in materia di sicurezza, che comprende a sua volta lo sviluppo di capacità, la lotta alle migrazioni illegali, alla tratta di esseri umani e al contrabbando”. L’Italia sta dando una mano a Tripoli anche con lo sminamento fatto dall’Esercito, di cui al Sarraj ha ringraziato il ministro, e nella collaborazione non può essere secondario il ritorno delle aziende italiane in Libia così come il presidente libico ha ricordato l’urgenza di sbloccare i terminal petroliferi che sono la principale fonte di reddito. All’incontro hanno partecipato tra gli altri il vicepresidente del Gna, Ahmed Maitig; il ministro degli Esteri, Mohamed Siala; quello dell’Interno, Fathi Bashagha, e il vicepresidente dell’Agenzia per la sicurezza interna, generale Ibrahim al Sadiq al Shaqaf. Con il ministro Lamorgese c’erano l’ambasciatore in Libia, Giuseppe Buccino; il capo della Polizia, Franco Gabrielli; il direttore dell’Aise, generale Gianni Caravelli, e il capo di gabinetto del Viminale, Matteo Piantedosi.

La visita del ministro ha coinciso con il voto finale del Parlamento sul decreto missioni, fatto per parti separate per sanare la spaccatura nella maggioranza e soprattutto nel Pd sul rifinanziamento alla Guardia costiera libica che ha registrato 23 voti contrari e un’astensione. Nella votazione sul resto del decreto, invece, c’erano stati solo 9 astenuti e nessuno contrario: anche il centrodestra è stato compatto. Mal di pancia sono presenti anche al vertice del Pd sul rapporto con i libici per il mancato rispetto dei diritti umani, ma la politica è realismo ed è impensabile interrompere quella collaborazione.

Mezzi, formazione e diritti umani. Ecco la ricetta libica del ministro Lamorgese

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