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Ho incontrato per la prima volta Raffaele Fitto nel 1999, in parlamento europeo. Eravamo appena stati eletti. Avevamo molto in comune: formazione culturale e valoriale con comuni radici Cristiano democratiche e addirittura il fatto che anche la famiglia di mio padre originasse dallo stesso paese, Maglie, in Puglia.

Raffaele era allora il più giovane tra i parlamentari europei ma già uno di quelli con maggiore esperienza politica. Ma per me Raffaele Fitto ha sempre rappresentato soprattutto la politica come vocazione, vorrei dire come destino. Nel mio caso si è trattato di una parentesi pur lunghissima ma comunque di impegno civico ancorata alla tumultuosa storia italiana di quegli anni. Nel suo caso era il riflesso di una chiamata alla responsabilità nei confronti della sua gente e del suo territorio che nel tempo ha potuto maturare attraverso il profondo senso dello stato che lo caratterizza , capacità di governo e senso delle relazioni internazionali.

Se alla fine Giorgia Meloni si è decisa a calare sul tavolo europeo la sua carta migliore, è perché ha ricevuto garanzie sufficienti per non fare brutta figura. Impensabile privarsi del suo uomo più fidato (in chiave europea almeno) senza ricevere il riconoscimento reclamato a gran voce e con insistenza da mesi. Facile immaginare che Raffaele Fitto riceverà da Ursula von der Leyen un portafoglio di rilievo e probabilmente anche quella vicepresidenza della Commissione che a Paolo Gentiloni cinque anni fa è stata negata.

La premier ha trattato fino all’ultimo per settimane, fino a quando due giorni fa le ultime rassicurazioni le ha ricevute dal leader del PPE, Manfred Weber, che per il politico pugliese ha speso parole lusinghiere. Traduzione: i popolari agevoleranno la conferma di Fitto nelle audizioni all’europarlamento, disinnescando il rischio di una clamorosa bocciatura. La lotteria delle audizioni dei candidati al ruolo di commissario europeo non va infatti sottovalutata. Ne sanno qualcosa i francesi di Macron che nella scorsa legislatura videro affondare la brillante e conosciuta europarlamentare Silvie Goulard ad opera proprio dei popolari di Weber inferocito per l’ostruzionismo nei suoi confronti proprio da parte del presidente francese che aveva aperto le porte ad Ursula Von der Lyen.

Raffaele Fitto trarrà sicuramente giovamento per affrontare questa difficile circostanza dalla esperienza di presidente del gruppo parlamentare ECR vissuto nella scorsa legislatura. Fitto è insomma non solo come molti riconoscono il possibile elemento di congiunzione tra Popolari e Conservatori in parlamento europeo ma soprattutto portatore di una visione politica profondamente attenta alle ragioni dell’altro e questa postura gli sarà indispensabile non solo per affrontare il vaglio delle commissioni parlamentari ma in particolar modo per contribuire nel collegio dei commissari ad un approccio della nuova Commissione Europea meno ideologico e più conscio delle straordinarie circostanze storiche di questo momento con la guerra alle porte e significativi interrogativi sugli equilibri nei rapporti di forza tra le nazioni.

Mi piace pensare che con la sua nomina e le riflessioni contenute nei report su mercato unico e concorrenza e riforme dei trattati ormai non più procrastinabili di Enrico Letta e Mario Draghi questa legislatura europea nasca nel segno del meglio dell’Italia. L’Europa tutta non potrà che giovarsene.

Con Fitto la legislatura europea nasce nel segno del meglio dell’Italia. Scrive Mauro

Raffaele Fitto ha sempre rappresentato soprattutto la politica come vocazione, vorrei dire come destino. Non è solo, come molti riconoscono, il possibile elemento di congiunzione tra Popolari e Conservatori in parlamento europeo, ma soprattutto portatore di una visione politica profondamente attenta alle ragioni dell’altro e questa postura gli sarà indispensabile. L’intervento dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo, già ministro della Difesa, Mario Mauro

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