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La pubblicazione della Relazione annuale sullo stato dei servizi dell’Autorità per l’energia presenta luci ed ombre. In 590 pagine l’Autorità presieduta da Guido Bortoni (nella foto) fa il punto sulla salute energetica del Paese e offre un quadro completo sul bilancio della produzione e del consumo di fossili e rinnovabili a bordo dello stivale.

Per il secondo anno consecutivo, la produzione nazionale lorda di energia elettrica è aumentata raggiungendo i 289,3 TWh: 6,3 TWh in più (il 2,2%) rispetto al 2015. La velocità di aumento è più che raddoppiata rispetto al 2015, che a sua volta aveva superato il 2014 per 3,1 TWh (l’1,1%), ma siamo ancora lontani, ad esempio, dai 299,3 TWh già raggiunti nel 2012.

Intanto, la richiesta di energia elettrica è diminuita del 2,2% passando da 316,9 TWh del 2015 a 310,3 TWh del 2016.

L’Italia ha diminuito del 15% le sue importazioni di elettricità aumentando le esportazioni del 38%, ma rimane ancora fortemente dipendente dall’estero anche per l’energia elettrica: in totale ha acquistato oltrefrontiera 43,2 TWh ma ne ha venduti oltralpe solo 6,2. Altri eccessi locali di energia (2,4 TWh) sono stati convogliati verso i pompaggi per rimpolpare le nostre riserve di energia idroelettrica compromesse dalla perdurante siccità.

Un aspetto significativo è che l’aumento della produzione nazionale è dovuto alle centrali termoelettriche alimentate a combustibili fossili; queste sono complessivamente in crescita per circa il 4% rispetto all’anno precedente. Ma il dato positivo è che, fra i fossili, il gas naturale – l’idrocarburo con il minor impatto ambientale – è balzato in avanti del 13,7% raggiungendo i 126 TWh, mentre è significativamente diminuito l’utilizzo del carbone: -17,6%, ma ancora con una produzione di 35,6TWh. E crolla decisamente la produzione delle centrali alimentate a derivati del petrolio: -26,6%.

Dopo il calo costante degli anni 2011-2014, il consumo interno lordo di gas è aumentato nel 2015 ed ancora di più nel 2016. Parliamo di 3,4 miliardi di metri cubi in più su un totale di 70,9 miliardi di metri cubi. Nonostante il recupero, però, la domanda complessiva finale resta ancora lontana dai massimi già toccati: il dato del 2016 è infatti solo l’80% del record raggiunto nel 2005.

Ma se la domanda di gas è in aumento, la produzione nazionale risulta ancora in discesa (-14,6%), corrispondente a un calo di circa 5,8 miliardi di metri cubi. E’ stato necessario aumentare le importazioni (+6,7% rispetto al 2015), che si sono attestate su 65,3 miliardi di metri cubi.

In uno scenario internazionale tutt’altro che tranquillo, oggi l’Italia importa dall’estero ben il 92,1% del proprio consumo, peggiorando il bilancio del 2015 che si era fermato all’importazione del 90,6%.

I flussi di importazione sono calati da tutti i paesi, tranne che dall’Algeria, già in crescita nel 2015 e seconda solo alla Russia. Andando più a fondo, la Russia copre da sola il 41% delle importazioni (26,7 miliardi di metri cubi, -2,4% rispetto al 2015), l’Algeria è salita dal 12% del 2015 al 29% (19 miliardi di metri cubi), il Qatar copre il 9%, superando la Libia, scesa dal 12% al 7%, mentre Olanda e Norvegia contano insieme meno della metà rispetto al 2015, con il 5%, (era il 12% nel 2015).

In generale, la produzione termoelettrica è stata utilizzata anche quest’anno per colmare i deficit della rete e ha compensato l’aumento della domanda interna facendo fronte al calo delle importazioni delle importazioni di energia elettrica nucleare dalla Francia.

Nell’ultimo trimestre del 2016, infatti, sono andati fuori linea ben un terzo delle centrali nucleari francesi a causa di una campagna straordinaria di test sulla sicurezza delle centrali imposta dall’Autorità francese di vigilanza che aveva imposto lo stop ai reattori.

Le turbine a vapore alimentate da idrocarburi hanno fatto fronte non solo alla défaillance nucleare francese ma anche all’ulteriore contrazione della produzione di elettricità da fonti rinnovabili (-1,1%).

Per effetto di queste dinamiche, nel 2016 il termoelettrico è arrivato a coprire ben il 62% della produzione totale, mentre le rinnovabili hanno assicurato il restante 37%.

Il triste andamento delle rinnovabili tricolori è testimoniato dal calo costante negli ultimi 24 mesi: la quota verde rappresentava il 39% nel 2015 ed il 43% nel 2014.

Interessante la scomposizione dei contributi: mentre l’andamento complessivo è in calo, è aumentata vertiginosamente la generazione da eolico: le pale hanno prodotto il 19% in più, ma in controtendenza si trovano sia l’idroelettrico – le turbine sono calate del 7,2% – che il fotovoltaico – il Silicio ha prodotto il 3,7% in meno.

In termini complessivi sulla produzione da rinnovabili, nell’ultimo anno l’idroelettrico – pur detenendo un primato incontrastato – ha visto un calo (dal 41,8% al 39,2%) a favore dell’eolico (passato dal 13,6% al 16,4%), mentre le altre fonti rimangono sostanzialmente costanti, ad eccezione di una lieve flessione del fotovoltaico, passato dal 21,0% al 20,5%.

Infine, uno spaccato sui principali fornitori di energia mostra Enel in calo, con una quota che dal 25,6% del 2015 crolla al 22,1% del 2016. Eni al contrario aumenta dal 8,5% al 9,1% seguita da Edison (da 6,4% a 7,7%) e da A2A (salita dal 3,1% al 5,1% grazie all’acquisizione di Edipower) mentre tutte le altre compagnie si dividono fette non superiori al 3,5%. La frammentazione è elevatissima se si pensa che, a parte le principali 12 compagnie, tutte le altre si dividono fette inferiori all’1% ma contano complessivamente per il 37,2% del totale (era il 35,5% nel 2015).

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