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All’indomani della sesta testata nucleare fatta esplodere da Kim Yong-un, la pazienza e l’attendismo della Casa Bianca cominciano ad evaporare. Non soltanto però verso le mattane del dittatore nordcoreano, ma anche nei confronti degli Stati asiatici nella regione che tentennano fin troppo per i gusti di Donald Trump. Che con la Cina di Xi Jinping i rapporti siano ai ferri corti non è notizia di questi giorni: la linea diplomatica fra Washington e Pechino si era infatti già strappata sul finire di agosto, quando il Tycoon e il suo segretario del Tesoro Steve Mnuchin hanno annunciato nuove sanzioni contro il dumping cinese. Non aveva poi aiutato a ricucire i rapporti lo spiacevole incontro nel Mar Cinese Meridionale fra il cacciatorpediniere John McCain e la marina militare cinese che aveva invitato i marinai statunitensi a non avvicinarsi più alla costa.

Domenica scorsa Trump ha confermato il trend con un tweet al vetriolo. Dopo aver ricordato che “la Cina sta cercando di aiutare ma con poco successo”, ha minacciato: “Gli Stati Uniti stanno considerando, insieme ad altre opzioni, di bloccare il commercio con qualsiasi paese che faccia affari con la Corea del Nord”. Quel che stupisce è che a questo giro il presidente abbia avuto qualcosa da ridire anche sull’alleato più strategico per contenere le provocazioni sul 38° parallelo, la Corea del Sud. “La Corea del Sud sta realizzando, come avevo detto loro, che i loro dialoghi pacificatori con la Corea del Nord non funzioneranno, loro capiscono solo una cosa!”.

Una critica al recente cambio di linea di Moon Jae-In (nella foto), considerata troppo “diplomatica” da Trump. “La Corea è un paese che ha fatto esperienza di una guerra fratricida. La distruzione di una guerra non dovrebbe ripetersi in questa terra ” è la secca risposta alle accuse da parte del capo dell’ufficio presidenziale sudcoreano Cheong Wa Dae, “noi non ci arrendiamo e continueremo a pressare per la denuclearizzazione della penisola coreana attraverso mezzi pacifici e lavorando insieme ai nostri alleati”.

Ma non è solo la scarsa aggressività dei sudcoreani contro Pyongyang che fa irritare la nuova amministrazione americana. Trump sta perdendo la pazienza anche sul lato del commercio, chiedendo ai suoi collaboratori di usare il pugno duro con Seoul contro il dumping che danneggia le aziende statunitensi. Già il 18 luglio il dipartimento per il Commercio di Wilbur Ross aveva dato il via ad un’indagine per concorrenza sleale contro la Corea del Sud, accusata di esportare a prezzi stracciati fibra di poliestere negli States. Da un rapporto governativo di giugno emerge come gli Stati Uniti siano la meta preferita per gli esportatori sudcoreani di tubi di acciaio (465.000 tonnellate solo nel 2017). E soprattutto le statistiche dipingono a tinte nitide la frustrazione del dipartimento del Commercio, costretto a difendere le acciaierie americane con ben 13 dazi antidumping e 5 dazi compensativi sulle importazioni.

Adesso Trump, riporta la rivista specializzata Inside US Trade, sta seriamente pensando di uscire fuori dall’accordo di libero scambio con Seoul. Entrato in vigore nel marzo 2012 con Obama alla Casa Bianca, il KORUS in tre anni ha fatto schizzare le importazioni di fattura sudcoreana negli States a un picco di quasi 73 miliardi nel 2015, a differenza dell’export statunitense che è rimasto fermo intorno ai 40 miliardi di dollari. Si tratta di un enorme surplus commerciale che è andato lentamente diminuendo negli ultimi due anni, ma che ancora conta 27 miliardi di dollari. Trump ha promesso ai suoi elettori di tagliarlo drasticamente a partire dalla rinegoziazione del KORUS questo agosto. I colloqui condotti dal rappresentante del commercio Robert Lightizer si sono però risolti in un fallimento per la contrarietà degli ufficiali sudcoreani a qualsiasi modifica sostanziale.

A Capitol Hill l’opposizione all’uscita dall’accordo potrebbe essere feroce, a partire da Gary Cohn, il capo consigliere economico in lizza per la FED che cerca di normalizzare la presidenza Trump su binari più moderati. Secondo Inside US Trade, la decisione della Casa Bianca, che potrebbe avere pesanti ripercussioni anche sugli equilibri militari nella penisola coreana, dovrebbe essere annunciata con un comunicato questo martedì.

Non solo Kim, perché Trump sbuffa anche con la Corea del Sud

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