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L’evacuazione di Aleppo è iniziata la mattina di giovedì 15 dicembre, dopo che il giorno precedente una tregua che avrebbe dovuto garantire un lasciapassare analogo era saltata. Si è parlato del fatto che a rompere i piani decisi in un incontro informale tra funzionari militari russi, che hanno trattato per conto del regime, e messi dell’intelligence turca, che hanno buoni rapporti con i ribelli, fossero stati gli iraniani. Gruppi collegati a Teheran, che combattono tra le linee dei governativi, avrebbero aperto il fuoco sulle vie di fuga per rappresaglia contro l’esclusione dai dialoghi sulla tregua momentanea: l’Iran a quel punto ha alzato il prezzo e chiesto che lasciapassare analoghi a quello su Aleppo venissero concessi anche a Foua e Kefraya, due villaggi sciiti circondati dai ribelli sunniti nell’area di Idlib.

L’Associated Press riferisce con un liveblog i vari passaggi dello sgombero e parla di migliaia di persone che stanno partendo dalla seconda città più grande della Siria. Gli autobus verdi e le ambulanze per i feriti hanno lasciato Aleppo attraverso la strada che taglia il quartiere sud-occidentale di Ramousseh, controllato dal governo, dirigendosi verso le vicine città di Khan Touman e Khan al-Asal (in mano ai ribelli, nell’area di Idlib). Il capo di stato maggiore dell’esercito russo, il generale Valery Gerasimov, ha detto in conferenza stampa che “un corridoio umanitario è stato creato per l’evacuazione dei militanti” e che “questo corridoio è lungo 21 km” sei dei quali si trovano nei territori di Aleppo controllati dalle truppe governative e altri 15 attraversano i territori nelle mani “di gruppi armati illegali”. Il numero totale degli abitanti rimasti nei pochi quartieri aleppini orientali ancora in mano ai ribelli è stimato intorno alle 50 mila persone: circa cinquemila sarebbero combattenti (di cui il 30 per cento appartenenti ai gruppi jihadisti), dieci mila i loro famigliari, gli altri civili. Non è chiaro se qualcuno deciderà di restare ancora nelle zone evacuate dal regime e a breve sotto il controllo governativo.

L’evacuazione dei civili arriva alla fine di una settimana stremante per la popolazione locale, forse la più dura dall’inizio dei combattimenti (nel 2012), che l’ex ministro degli Esteri inglese, ora direttore dell’International Rescue Committee, David Miliband ha definito “la morte del rispetto del diritto internazionale e delle regole di guerra”: ospedali colpiti dai bombardamenti, attacchi indiscriminati contro i civili, esecuzioni sommarie, tutte azioni che hanno accompagnato l’avanzare dei governativi.

A sgombero concluso, ossia quando Aleppo Est sarà un’area semi-disabitata dilaniata da anni di combattimenti e sotto il controllo del regime, ci sarà un vertice a tre, Russia, Iran, Turchia, programmato per il 27 dicembre. L’assenza degli Stati Uniti da questo genere di incontri, anche se non ufficiali, risuona. Il Washington Post in un duro commento firmato dall’Editorial Board – ossia rappresenta la linea editoriale del giornale – ha scritto che la caduta di Aleppo rappresenta “il crollo della leadership [internazionale] degli Stati Uniti”: “Rifiutando di intervenire contro le atrocità del regime di Assad, o addirittura di far rispettare la “linea rossa”, dichiarata sull’uso di armi chimiche, il presidente Obama ha creato un vuoto che è stato riempito da Vladimir Putin e dalla Guardia Rivoluzionaria iraniana”.

La presa di Aleppo da parte del regime non rappresenta la fine della guerra, ma è sicuramente un passaggio importante, che potrebbe indurre il governo di Damasco a perseguire la strada della riconquista completa del Paese senza scendere a compromessi con le opposizioni – sebbene ampie aree, come la fascia settentrionale in mano ai curdi e ai ribelli filo-turchi, o l’area di Idlib controllata dalle opposizioni, o tutto il territorio orientale che si estende fino all’Iraq, ancora occupato dallo Stato islamico, non torneranno facilmente sotto l’autorità centrale.

assad

Ad Aleppo è iniziato lo sgombero della parte est

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