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Gli effetti del super-attivismo del neoministro dello Sviluppo Carlo Calenda si fanno sentire anche sulla cosiddetta quarta rivoluzione industriale, quell’Industria 4.0, la strategia con cui i governi dell’Ue puntano a  rilanciare l’ancora convalescente settore produttivo e manifatturiero con l’innovazione tecnologica, la riorganizzazione dei processi produttivi, la rimozione degli ostacoli burocratici e la sostituzione delle rigide organizzazioni gerarchiche con quelle flessibili e decentralizzate. Proprio su questo i successore di Federica Guidi è stato ascoltato nel pomeriggio di ieri dalla commissione Attività Produttive della Camera, ad una settimana esatta dall’intervento sul medesimo argomento del suo collega di governo Pier Carlo Padoan.

UN PIANO PER L’INDUSTRIA 4.0 ENTRO L’ESTATE

Il primo segnale di un’accelerazione verso quel pacchetto di misure utile a risollevare le sorti della manifattura tricolore ed europea è arrivata proprio dal timing del governo su questo fronte indicato dal ministro. Che ha garantito per l’estate l’arrivo delle prime linee strategiche su Industria 4.0. “Il governo”, ha assicurato Calenda. “vuole arrivare a un piano prima dell’estate, così che le misure possano trovare attuazione nella legge di stabilità”. Dunque, l’obiettivo dichiarato dell’esecutivo, è arrivare all’inserimento nella prossima manovra di un apposito capitolo dedicato all’innovazione. Traguardo reso ancor più impellente da un certo ritardo delle istituzioni nell’attuazione del programma Industria 4.0, peraltro ammesso dallo stesso. L’Italia “è in ritardo più nella costruzione delle politiche che dell’imprenditoria, la quale in realtà si è già mossa”.

IL COSTO (PER L’ITALIA) DELL’INNOVAZIONE

Ma ogni tabella di marcia che si rispetti deve avere cifre precise su cui poggiare. Calenda ha in questo senso fornito un dato piuttosto preciso: 8 miliardi di risorse pubbliche in un periodo di cinque anni. Soldi che secondo il ministro dovranno essere impiegati per “la rimozione degli ostacoli” all’innovazione. Un punto su cui il responsabile dello Sviluppo è stato netto. “Quello che il governo può fare è rimuovere ostacoli e sostenere le imprese più innovative e lungimiranti. Il piano che l’esecutivo sta approntando fornirà la cornice per conseguire gli obiettivi di policy mediante interventi orizzontali”. In altre parole Palazzo Chigi preparerà il terreno, ma il vero salto di qualità dovranno farlo le imprese.

SE L’INDUSTRIA 4.0 E’ UN’OPPORTUNITA’ (O UNA MINACCIA?)

C’è però una domanda di fondo che ha aleggiato in commissione durante l’audizione del ministro. E cioè se le imprese italiane non dovessero riuscire a salire sul treno dell’innovazione, quali saranno le conseguenze? Anche in questo caso Calenda è stato piuttosto chiaro, precisando come la quarta rivoluzione industriale ”costituisce sia una minaccia che un’opportunità, tanto per le imprese quanto per le economie dei paesi europei”. Cioè? In altre parole mancare il bersaglio della digitalizzazione costerebbe all’Ue “600 miliardi di euro di perdite potenziali, nei prossimi 4 anni”, costi di cui il 10% impatterebbe direttamente sulle industrie.

PRIMA REGOLA, IL SALARIO DI PRODUTTIVITA’

Dunque, qual è il primo step per risvegliare le imprese dal torpore della crisi e catapultarle nella quarta rivoluzione industriale? Senza dubbio, ha detto il ministro, oltre alle ovvie necessità di spingere su banda larga e tecnologia, cercare di aumentare il ritmo della produzione. L’idea del ministro è quella di lavorare a incentivi fiscali al cosiddetto salario di produttività, cioè quella voce dei salari legati alla produttività di un’azienda: in pratica, più si produce più la busta paga diventa pesante. Una misura in grado di creare all’interno delle aziende una sorta di tensione orientata alla crescita. Per questo, secondo Calenda, “è necessario definire un adeguato trattamento fiscale per spingere le imprese ad usare sempre più le opportunità offerte dal salario di produttività”.

IL TIFO DI CONFINDUSTRIA PER CALENDA

Curiosità. Poco prima dell’audizione era arrivato il sostegno degli industriali guidati da Vincenzo Boccia, peraltro freschi di endorsement pro-referendum di ottobre, alla spinta di Calenda verso una strategia 4.0. “Abbiamo apprezzato la decisione del governo e in particolare del ministro Calenda di avviare un confronto per definire una strategia nazionale su Industria 4.0: crediamo sia necessario un approccio volto a individuare nel concreto le opportunità e le potenzialità di questa trasformazione, definendo misure specifiche di supporto alle imprese. Anche queste sono le riforme di cui ha bisogno il Paese e, come sempre, Confindustria sara’ pronta a fornire il proprio contributo”, ha detto Boccia.

CHIUDERE SUL TTIP (MA NON A TUTTI I COSTI)

Terminata l’audizione Calenda ha tenuto un’informativa nell’Aula della Camera sull’accordo di partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti, noto come Ttip. Il ministro ha ribadito, come più volte in passato, la bontà e la necessità di tale accordo commerciale con gli Stati Uniti (che mira ad abbattere dazi e dogane tra Europa e Stati Uniti rendendo il commercio più fluido e penetrante tra le due sponde dell’oceano) pur respingendo l’ipotesi di una chiusura del negoziato tra Ue e Usa a tutti i costi. “Sostenere che è importante non vuol dire chiuderlo a ogni costo”, infatti “il rischio che non lo sarà è più che concreto”.

Carlo Calenda e Vincenzo Boccia

Così Calenda (e Confindustria) spingono su Industria 4.0

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