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Il titolo di questo film epico postmoderno dice tutto: la Via della Furia. La Via di Furiosa, l’eroina, mutilata, che tiene in piedi la compagnia di donne vulnerate dal mondo brutale e tribale che non ha altro da offrire se non la mera sopravvivenza. Una vulnerabile e vigorosa Charlize Theron dà gloria a un personaggio che pesca nel profondo della mitologia e mitografia antica, una regina senza regno e senza un re. Salvo che, a un certo punto, il mitico Max (che è Mad anch’egli, furioso), si unisce alla compagnia e, lasciandosi alle spalle una storia di tragedie familiari causate dallo stesso mondo di perversioni e devastazioni temuto da Furiosa, comincia un viaggio che ha una sola meta: la redenzione. Furiosa brama la redenzione, il ritorno alla casa della sua giovinezza, e Max la accompagna conquistando la sua fiducia. Max sa che non si può viaggiare in avanti quando il mondo sta finendo, ma bisogna ritornare alle Fonti, alle Origini, dunque indietro, e qui la lettura di joseph Campbell, l’inventore del Viaggio dell’Eroe (Hero’s Journey) non ha certo fatto male al regista australiano George Miller, che fa scorrazzare il suo caravanserraglio in lungo e in largo per i deserti della Namibia e dell’Australia.

La Via della Furia dunque è come la Via della Spada nel Bushido: rimanda alla salvezza, non alla disfatta. Si tratta semplicemente, si fa per dire, di viaggiare all’altezza della semplicità dell’anima di chi sa e vuole arrivare, cioè senza fare resistenza, con il percorso di minore resistenza, scegliendo la via più semplice e spontanea. Ecco allora che la Via di Furiosa e Max diventa la Via di tutti coloro che, esausti dopo vite intere di pressioni e logiche da sopravvivenza, intendono, a un certo punto, franati fisicamente e/o spiritualmente, ritornare alle Fonti, al punto sorgivo dal quale erano partiti un dì, allorquando tutto era “sì, sì, no, no” e il di più, evangelicamente, era davvero solo il prodotto del maligno.

“Andando avanti, troveremo la morte – spiega Max a Furiosa -, tornando indietro, alla Cittadella, raggiungeremo la redenzione. Ci stai?”. E i due si agguantano la mano dalla parte del pollice, con il taglio laterale, in alto, come due combattenti che hanno deciso di unire il Maschile e il Femminile in vista del raggiungimento di una meta comune. Non è, questo, un film di guerra o un semplice remake del primo leggendario Mad Max, con Mel Gibson, sempre dello stesso regista australiano, è lo sviluppo di un’idea-seme che, da allora, fine anni ’70 del secolo scorso, vedeva il mondo incastrato tra il petrolio e la crisi della guerra fredda senza ritorno, e oggi lo ritrova sempre più impantanato nei suoi mali e, insieme, sempre più bramoso di redenzione e salvezza.

E’ la Via della Furia, questa, che si accovaccia ai piedi della realtà per ritirarla su, come può: è la Via dell’Occidente.

Mad Max: Fury Road, ovvero la Via dell'Occidente

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