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Cosa pensano gli studenti della “Buona scuola”? Da una riforma «rivoluzionaria» ci aspettavamo di più: per esempio una revisione dei cicli, per uscire a 18 anni come gli amici francesi, inglesi e spagnoli. O un cambiamento della valutazione, spesso subita come una sentenza. E magari un ripensamento dei programmi, che dialogano poco con la vita. Queste riflessioni strutturali sono mancate, ma possiamo capire: più che la reale riforma del sistema scolastico era urgente una «manutenzione straordinaria dell’autonomia» (azzeccata definizione del prof. Luciano Caimi a un recente convegno).

Facciamo dunque noi, da studenti, questo sforzo di responsabilità. Ma il ddl “Buona scuola”, al netto di alcuni interventi positivi (come l’investimento in alternanza scuola/lavoro e sulla digitalizzazione, o la possibilità di personalizzare i curricula) presenta delle criticità che richiedono di essere approfondite. Qui evidenziamo le due principali dal nostro punto di vista: non c’è un piano d’interventi contro la piaga della dispersione scolastica; e non si scommette sulla partecipazione attiva e responsabile di famiglie e studenti.

1. Un tasso di dispersione al 17,6% è inaccettabile. E spesso chi non termina gli studi proviene da contesti degradati. Che fare? Per esempio, destinare prioritariamente il nuovo organico funzionale ad azioni di orientamento e di recupero delle competenze fondamentali; abbattere i costi degli studenti meno abbienti con una legge quadro nazionale sul diritto allo studio; finanziare prioritariamente le scuole in contesti difficili per far fronte alle diseguaglianze. Queste previsioni mancano nella “Buona scuola”; e se ogni istituto riceverà circa 15.000€ in più per il funzionamento ordinario (carta igienica e fotocopie, per intenderci) resta difficile capire come saranno sostenute le attività di potenziamento dell’offerta formativa. Il Parlamento ha eliminato la possibilità di destinare alla scuola il 5×1000 del reddito, un provvedimento che comunque avrebbe avuto incidenza maggiore nelle zone mediamente benestanti. Resta lo “School Bonus”, anch’esso legato a doppio filo al contesto territoriale. La scuola però ha una missione costituzionale: innalzare i livelli di apprendimento di tutti i cittadini. Non possiamo permetterci una scuola più autonoma, ma iniqua.

2. Il rafforzamento dell’autonomia richiede una riforma degli organi collegiali. Le assemblee non funzionano, lo dicono per primi gli studenti che le hanno a cuore. Vogliamo ripensare cosa si decide nei luoghi della democrazia scolastica? Come associazioni studentesche abbiamo tante proposte, approfondite durante la consultazione. Invece i tentativi parziali rischiano di creare distorsioni. Un esempio? Il tanto discusso “Comitato di valutazione”: gli studenti vogliono valutare i docenti, ma non per incidere sulla loro retribuzione. Pensiamo a spazi collegiali in cui riflettere con i prof. sulla didattica, sui parametri dei voti, sui processi di apprendimento. Crediamo che il nostro contributo possa aiutare un Consiglio di classe nella sua attività formativa. Ma questa prospettiva è assente dal dibattito.

La riforma degli Organi collegiali dunque, dopo essere stata giustamente stralciata dalla semplice delega al Governo, non è stata rimessa al centro delle priorità. Potrà sembrare un tema accessorio, ma non lo è. La nostra società vive la “crisi della partecipazione”: quale istituzione se non la scuola, crocevia di tutti gli individui, può dare una risposta? E come attuare la decentralizzazione dei processi decisionali, perno della scuola autonoma, se chi vive la scuola non ha spazi adeguati per esserne protagonista?

Per chiudere, una postilla. Il dissenso della scuola non è solo quello estremista che compare sui media. Ben più vasto è il disagio di chi non trova nella “Buona scuola” una riflessione complessiva. Ne è prova l’appello “La scuola che cambia il Paese”, che abbiamo sottoscritto con 32 associazioni per chiedere significativi cambiamenti al ddl. È importante che la politica sappia ascoltare, per ritrovare il consenso e coinvolgere studenti, docenti, famiglie.

Le proposte del Movimento Studenti di AC, raccolte dai circoli territoriali durante la consultazione, sono raccolte nel “Manifesto della buona scuola”.

scuola

Buona Scuola, cosa pensa il Movimento Studenti di Azione Cattolica

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