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Ancora nubi sul futuro dei due marò italiani detenuti in India. I rapporti tra Roma e Nuova Delhi si sono ulteriormente tesi dopo il rifiuto della Corte Suprema indiana di esaminare le richieste dei due fucilieri italiani di passare il Natale con le proprie famiglie e di bocciare la domanda di Massimiliano Latorre di prolungare di altri quattro mesi la permanenza in Italia, che scadrà il 13 gennaio, dopo l’ictus che lo ha colpito a settembre. Dopo l’iniziale diniego, i giudici si riuniranno martedì mattina per esprimersi.

CONDOTTA INACCETTABILE

Un atteggiamento, quello dello stato indiano, ritenuto inaccettabile da Leonardo Tricarico, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare ed attuale presidente della Fondazione Icsa.

Siamo di fronte ad un Paese che ha dato ampia dimostrazione di non tenere in alcun conto né il diritto internazionale, né i diritti umani, come dimostra il caso di Latorre e Girone, ma anche la piaga degli stupri contro la quale il governo non fa assolutamente nulla, al di là degli annunci”.

UN CAMBIO DI ROTTA

Per Tricarico non ha più senso attendere e sforzarsi di dialogare con una nazione “sfasciata”, ma bisogna piuttosto prendere atto degli errori compiuti sinora e andare oltre.

Abbiamo la necessità di abbandonare una volta per tutte la velleità di risolvere il problema bilateralmente con l’India”. Per l’ex capo di Stato maggiore dell’AM “gli ultimi 3 anni, durante i quali l’India non è stata in grado nemmeno di dire quali siano i capi d’accusa contro i marò”, indicano che “qualunque sia il management politico non ci sono possibilità di risolvere il problema in tempi e modi accettabili”.

COLPE CONDIVISE

Secondo il presidente dell’Icsa, le colpe di questa impasse sono sicuramente da ricercare nel subcontinente asiatico, ma nemmeno Roma è scevra da responsabilità.

Ci siamo illusi prima con Sonia Gandhi – perché di origini italiane – e poi con Narendra Modi – perché apparentemente più dialogante -, che la situazione potesse cambiare. Dobbiamo prendere atto che così non è e agire di conseguenza”. A detta di Tricarico, l’odissea dei due fucilieri è figlia anche di un pasticcio tutto italiano e della mancanza di una gestione collegiale delle situazioni di crisi come queste, peraltro, sottolinea, “imposta dalla legge”.

LA VOCE DEGLI ALLEATI

A fronte del fallimento del dialogo tra le parti coinvolte, aggiunge il generale, “mi chiedo se approccio multilaterale sia stato sfruttato a sufficienza. Tutti i fori possibili vanno attivati con una sistematicità che forse non è stata messa in campo dalla nostra diplomazia”.

Un’azione che, per Tricarico, va affiancata da un’alzata di voce nei confronti dei partner e, se necessario, da azioni più incisive. “Spesso ci siamo dimostrati troppo generosi. L’Onu e la Nato, delle quali siamo membri sempre disposti a offrire il nostro contributo, devono ora farsi sentire. Colpire i due marò e l’Italia attraverso questo sprezzo delle regole internazionali equivale a minare la credibilità di tutti”.

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