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L’inchiesta giudiziaria “Mondo di mezzo” non ha soltanto provocato un terremoto nei palazzi del potere e degli affari romani. Perché dalla tempesta giudiziaria in atto è scaturito un crescendo di tensioni tra il primo cittadino Ignazio Marino e il prefetto Giuseppe Pecoraro.

L’incontro tra Pecoraro e Buzzi

L’ultimo capitolo risale al 14 dicembre, quando viene resa nota la notizia che il presidente della “Cooperativa 29 Giugno” Salvatore Buzzi riuscì a ottenere un incontro con Pecoraro.

Era il 18 marzo. Al prefetto, raggiunto dopo essere stato ricevuto dall’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il personaggio coinvolto nell’indagine “Mafia Capitale” aveva esposto il suo piano per gestire il Centro accoglienza richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto. Realtà tra le più grandi d’Europa, e che costituiva un affare da milioni di euro.

L’incontro, secondo le intercettazioni telefoniche al vaglio dei magistrati, avrebbe lasciato soddisfatto il numero uno dell’organizzazione impegnata nell’assistenza agli immigrati e nel recupero dei detenuti.

Né il prefetto né il sindaco sapevano

Una rivelazione che ha fornito a Marino una preziosa opportunità per difendersi e contrattaccare rispetto alle accuse di aver ricevuto da Buzzi un finanziamento elettorale per il voto amministrativo della primavera 2013, e di aver concesso alla “29 Giugno” l’affitto a prezzo agevolato di un palazzo di proprietà del Comune.

A chi gli rivolge l’interrogativo del “Non poteva non conoscere” le attività controverse portate avanti dalla figura chiave dell’inchiesta “Mafia Capitale”, il sindaco ricorda come “il Prefetto avesse ricevuto nel suo studio una persona ora agli arresti per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Allo scopo di parlare di progetti dal punto di vista delle cooperative”.

Nessuno, spiega l’ex parlamentare del Partito democratico, pensa che Pecoraro sapesse del monitoraggio e inchiesta cui era soggetto Buzzi: “A maggior ragione, se non ne era al corrente il prefetto che ha a disposizione tutte le forze dell’ordine della città, come faceva a saperlo il sindaco?”

Vi sono persone indagate nella Giunta Marino

La contro-replica del rappresentante del Viminale a Roma non si è fatta attendere. In un’intervista rilasciata al Messaggero, Pecoraro osserva che “Buzzi all’epoca era estraneo alla Prefettura” e che “non si poteva agire altrimenti visto che gli uffici non si erano informati su quella persona”.

Ma qui arriva l’affondo. Al contrario, afferma il prefetto, nell’amministrazione Marino vi sono tre indagati tra politici e dirigenti: “Per tale motivo vogliamo capire se c’è una continuità delle infiltrazioni mafiose tra la passata e l’attuale giunta”.

Una frase clamorosa

Parole che farebbero sobbalzare il più disattento degli osservatori di vicende politiche e giudiziarie. Tanto più se pronunciate da un’autorità che ha il potere di trasmettere al responsabile dell’Interno l’eventuale proposta di scioglimento del Campidoglio per reati gravissimi. Proposta su cui la decisione finale spetta al governo.

Fermo restando che gli accertamenti della commissione prefettizia per verificare la penetrazione capillare della malavita organizzata nelle istituzioni capitoline sono in corso, e che l’indagine della Procura di Roma prosegue su binari del tutto autonomi, nasce un interrogativo inquietante. Sono stati riscontrati inquinamenti mafiosi nell’amministrazione guidata da Gianni Alemanno?

Un dissenso marcato

Per ora un elemento appare evidente. Lo scambio di riflessioni intercorso tra Marino e Pecoraro non riflette esclusivamente una fisiologica dialettica tra istituzioni con compiti distinti se pur paralleli.

Toni e accenti utilizzati lasciano intravedere i contorni di una tensione di natura “politica”. Condensata nella “visione diversa delle cose” di cui parla lo stesso prefetto sul Messaggero.

Il botta e risposta sull’esigenza della scorta a Marino

Una divergenza di opinioni che si è palesata quando Pecoraro ha caldamente consigliato al primo cittadino di smettere di muoversi in bicicletta e dotarsi di una scorta. Troppi, a suo giudizio, i rischi legati a minacce e ostilità della presunta associazione criminale di “Mondo di mezzo” che vede Marino come un ostacolo per i propri affari.

Esortazioni cui il sindaco ha risposto in modo piccato confermando la volontà di spostarsi sulle due ruote: “Se non vi è pericolo non ne ho bisogno. Il Prefetto non è mio padre”.

Lo scontro sulle nozze gay

Altra pagina rilevante di un conflitto che non accenna a placarsi risale a fine ottobre. Quando, con un tempismo repentino in ossequio alle direttive di Angelino Alfano, Pecoraro ha trasmesso a Marino un atto per l’annullamento di 16 matrimoni gay realizzati all’estero.

Nozze che il cardiochirurgo aveva deciso di trascrivere in appositi registri del Campidoglio, in nome della libertà e dignità delle unioni tra persone omosessuali.

Nessun pericolo per i prefetti

È difficile prevedere cosa il prefetto di Roma proporrà al capo del Viminale, suo superiore gerarchico. E se le due più importanti istituzioni capitoline troveranno un punto di incontro sui dossier che li dividono. Forse è questa la strada obbligata, soprattutto se Giunta e Consiglio comunale eviteranno lo scioglimento.

Tanto più che il governo guidato da Matteo Renzi, nonostante i proclami di riforme liberali, ha archiviato l’idea cara a Luigi Einaudi di abrogare la figura dei prefetti.

Simbolo ai suoi occhi di “una macchina centralizzata e burocratica che toglie agli eletti la responsabilità di amministrare i problemi locali”. E che pertanto “non è compatibile con l’auto-governo democratico”.

Tutti i dossier su cui Marino e Pecoraro si accapigliano

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