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La Corte Costituzionale, con sentenza n.238 del 23 ottobre 2014, ha rimosso la norma nazionale che rendeva inammissibile, con difetto assoluto di giurisdizione interna, l’esame delle domande di risarcimento per i danni provocati dalle azioni delle truppe tedesche in territorio italiano durante la II Guerra Mondiale, intraprese contro il governo tedesco.

La sentenza, nella sua parte di accoglimento:

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.3 della legge 14 gennaio 2013, n.5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno);

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.1 della legge 17 agosto 1957, n.848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945), limitatamente all’esecuzione data all’art.94 della Carta delle Nazioni Unite, esclusivamente nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona.

Tale norma era stata introdotta dal governo Monti, come recepimento di una norma di diritto internazionale generale (cioè, consuetudinario, ma “emergente” nell’art.94 della Carta ONU), nel senso di ribadire l’immunità degli Stati, per atti jure imperii (quelli imputabili alla sfera pubblica-politica in cui rientra l’azione militare degli Stati occupanti), quand’anche risultassero lesivi di diritti fondamentali della persona e costituissero crimini di guerra.

La Corte nazionale ha sostanzialmente invece ri-affermato che, nonostante tale immunità sia conforme alla interpretazione fornita dalla Corte Internazionale di Giustizia (CIG), ciò non possa essere ritenuto legittimo alla luce dei principi fondamentali inviolabili della nostra Costituzione, che, pertanto, prevalgono e rendono illegittima la norma così introdotta e, in tale parte, la legge di esecuzione.

Di seguito uno dei passaggi più significativi della sentenza:

“Non v’è dubbio, infatti, ed è stato confermato a più riprese da questa Corte, che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un «limite all’ingresso […] delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art.10, primo comma della Costituzione» (sentenze n.48 del 1979 e n.73 del 2001) ed operino quali “controlimiti” all’ingresso delle norme dell’Unione europea (ex plurimis: sentenze n.183 del 1973, n.170 del 1984, n.232 del 1989, n.168 del 1991, n.284 del 2007), oltre che come limiti all’ingresso delle norme di esecuzione dei Patti Lateranensi e del Concordato (sentenze n.18 del 1982, n.32, n.31 e n.30 del 1971). Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale (artt.138 e139 Cost.: così nella sentenza n.1146 del 1988).”
Se quanto così affermato vale rispetto al diritto internazionale generale di cui all’art.10 Cost., a maggior ragione opera come limite al diritto internazionale “da trattato”, ancorché “europeo”, che è fonte di rango inferiore, in Costituzione e nel diritto internazionale, rispetto al d.i. “generale”.

L’affermazione è compiuta con una “nettezza” che non lascia equivoci.

L’argomento sollevato da questa “forte” presa di posizione della Corte costituzionale, diviene allora ancor più di scottante attualità nella sua proiezione verso le norme europee, secondo l’approccio esaminato su questo post e nel libro “Euro e/o democrazia costituzionale“.
Come prima verifica delle sue implicazioni sulla (il)legittimità costituzionale del “vincolo esterno”, il tema verrà affrontato, a Roma, nel convegno del prossimo 8 novembre 2014 che si svolgerà presso l’Aula Magna della Chiesa Valdese, via Marianna Dionigi n.59, dalle 10,00 alle 17,00, promosso da Riscossa Italiana e accreditato presso l’Ordine degli avvocati di Roma (nonché in corso di accreditamento presso l’Ordine dei commercialisti).

Sarà un momento di verifica e di riflessione di grande importanza nel cercare una via costituzionale di salvezza italiana dalla crisi apparentemente irreversibile in cui, obiettivamente, l’ha piombata l’adesione al “disegno europeo”, che si sta rivelando tutt’altro da quello che è stato raccontato agli italiani per decenni. Il convegno, che si avvarrà del contributo di importanti relatori, tra cui i proff. Cesare Pozzi e Antonio M. Rinaldi, i presidenti di Sezione del Consiglio di Stato Salvatore Giacchetti e Luciano Barra Caracciolo ed il consigliere di Stato Vito Poli (NB: per i non appartenenti agli ordini non occorre prenotazione per attestazione, ma gli stessi possono mandare una mail alla info di Riscossa Italiana indicata nella stessa locandina):

Locandina 8.11.14

La via costituzionale per la risoluzione dei trattati europei

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