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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori, pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi

Cosa serve a un Paese avanzato per elaborare una seria ed efficace strategia digitale? E quali professionalità necessitano per attuarla con successo? I ripetuti annunci del governo in materia di politiche per favorire la crescita tramite l’innovazione e le startup sono destinati a restare delle semplici slide o uno dei tanti video per Youtube, se non sono accompagnati dagli ingredienti giusti.

Nel mondo che corre e fa pil con la tecnologia il curriculum conta. Il cio, cioè il capo della strategia digitale, di Barack Obama è Steven Van Roekel. Dal 1994 al 2009 ha lavorato in Microsoft dove è stato responsabile della divisione server e assistente personale per la strategia di Bill Gates. Manager dell’anno in diverse occasioni è una professionalità di prima fila nel panorama dell’Ict americano. Nel Regno Unito, David Cameron, ha scelto la cinquantenne Joanna Shields, già vicepresidente e amministratore delegato di Facebook Emea (Europe, Middle east & Africa), come capo della Tech City investment organization, la cugina della Agenzia digitale italiana. Prima di Facebook, la Shields aveva lavorato in Google, come amministratore delegato dell’Europa, ed era stata direttore operativo del social networking Bebo. Vanta, quindi, un curriculum di valore mondiale costruito lavorando nel mercato privato, un cv che non rende una spacconota la dichiarazione pronunciata, appena nominata, dalla stessa Shields, di voler fare di Londra la capitale mondiale dell’high tech, perché la manager ha tutte le caratteristiche per capire dove va il mercato planetario della innovazione e le competenze per sapere cosa serve a fare di una startup una multinazionale di successo.

E in Italia? La ministra competente sulla materia, Marianna Madia, non ha alcuna esperienza in materia e diventa davvero difficile capire come possa indirizzare o validare una strategia ambiziosa. Il neo direttore dell’Agenzia Digitale, Alessandra Poggiani, ha un curriculum da comunicatore vicino al Pd. Solo Stefano Quintarelli, presidente del comitato di indirizzo, ha comprovata esperienza in materia. Troppo poco per raggiungere risultati concreti?

Giudicheremo i risultati, certo i primi passi della Madia lasciano intravedere una strategia digitale di basso profilo, più vicina alla realizzazione di siti web 0.0 che alla rivoluzione di cui l’Italia ha bisogno. Una strategia da nani. Fatta di annunci di pin di retroguardia, ma del tutto carente di visioni compiute racchiuse in chiari documenti progettuali. Il mondo del cloud, delle app, dei big data, dei web services corre veloce come mai nel passato.

(la versione integrale del commento si può leggere qui)

Che cosa penso dei primi passi digitali del ministro Madia

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