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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il cameo di Riccardo Ruggeri apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Confesso che ho vissuto con grande speranza l’improvvisa comparsa, nel teatrino della politica, di Matteo Renzi, questo «buffo» personaggio (lo dico in senso affettuoso), che con comportamenti e linguaggi nuovi ha fatto una serie di analisi su svariati temi del nostro vivere civile, che erano sulla mia stessa lunghezza d’onda, non solo tecnica ma pure emotiva. In questi anni, nei miei scritti, sono stato sempre molto critico verso l’establishment di destra e di sinistra, ho criticato sia Confindustria che Triplice sindacale, sono stato feroce coi dipendenti pubblici (proponendo di metterne in Cassa Integrazione una gran parte), di licenziare dalla sera alla mattina qualche migliaio di superburocrati allocati nei gangli vitali dell’amministrazione, fino all’ovvia banalità di eliminare le auto blu, ma con loro anche gli autisti blu. Ho criticato Marchionne e le sue bugie su Fabbrica Italia, ironizzato sulla ricorrente guerra sull’articolo 18-totem, ho messo sullo stesso piano il berlusconismo e l’antiberlusconismo militante, l’atteggiamento succube di noi tutti verso una certa magistratura, e potrei continuare.

IL RABDOMANTE RENZI

Con l’arrivo al potere di Renzi mi sono sentito improvvisamente sdoganato, lui ripete in continuazione queste cose, e una gran parte dell’intellighenzia, prima con la puzza al naso, non solo non lo contesta, ma tutti i suoi adepti si compiacciono delle sue parole, fingono di non averle mai sentite prima, anzi le trovavano originali e stimolanti. Luca Ricolfi è stato geniale nel definire Renzi «un rabdomante che ha fiutato l’aria e può dire cose impronunciabili fino a qualche settimana fa». È proprio così, e sia chiaro ne sono lieto, ci mancherebbe.

L’INGHIPPO ALL’ORIZZONTE

Mi sto accorgendo però di un piccolo inghippo: con Renzi, l’eventuale critica viene subito derubricata a offesa personale, come dice semplificando un certo Nardella «chi sta con noi è un riformatore, chi no un nemico del paese». Giorni fa mi sono sentito in sintonia con le critiche fatte da Travaglio e da Passera su Italicum e nuovo Senato, due «leggi accrocchio», francamente impresentabili, gli stessi obiettivi si potevano ottenere con modalità più intelligenti, curiosamente ho provato vergogna, pur conscio che i ragionamenti fossero ineccepibili.

RENZI COME ULTIMA CHANCE?

Lo confesso, questa atmosfera da caccia alle streghe creata da costoro mi fa sentire a disagio. Viene fuori il limite del «posizionamento» di Renzi come «ultima chance» del Paese, una genialata in termini comunicazionali, che ha avuto pure successo, peccato che fosse e sia una fesseria. Dopo De Gaulle, non sono più comparsi uomini della provvidenza, oltretutto non ne abbiamo neppure bisogno.

PAROLE, PAROLE, PAROLE

Mi avevano fatto credere di essere stato sdoganato e invece vorrebbero, sotto sotto, che portassi il cervello all’ammasso. Sognavo per l’Italia un leader che chiedesse a noi cittadini un periodo di lacrime e di sangue per ripagare il debito che tutti insieme abbiamo fatto, permettendoci così di riconquistare, una volta per tutte, un’agibilità politica come paese. Sognavo una signora Thatcher che demolisse l’intera impalcatura burocratica del paese e che, nello stesso tempo, avesse una vision futura sul ruolo di un’Italia risanata. Per ora nulla di tutto questo, solo un giornaliero profluvio di parole e di annunci, da parte di fastidiosi sciami di petulanti zanzare, che mi costringono a premere in continuazione il tasto mute del telecomando.

Comunque, guai trarre ora delle conclusioni negative sull’esperimento del Governo Renzi: è troppo presto, come si diceva in officina, calma e gesso.

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