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Non è stato un successone, finora, l’iniziativa del sindaco di Roma, Ignazio Marino, sull’Acea. Il primo cittadino della Capitale, mentre dovrebbe occuparsi di riorganizzare e razionalizzare controllate e partecipate dal Comune che sono in perdita, visti i vincoli previsti nel decreto Salva Roma, ha avuto l’idea di iniziare dall’unica ex municipalizzata che oltre a essere quotata in Borsa è pure in utile: l’Acea, appunto, che il Campidoglio controlla con il 51%.

IL RUOLO DEI FRANCESI

L’obiettivo di Marino, messo per iscritto in una lettera anche ai vertici dell’Acea, è quello di ridurre i costi tagliando compensi e numeri degli amministratori della società presieduta da Giancarlo Cremonesi e guidata dall’ad, Paolo Gallo. L’auspicio del sindaco è anche di accelerare gli investimenti del gruppo attivo nel settore energetico e idrico. I numeri approvati ieri dal consiglio di amministrazione, però, vanno proprio in questa direzione: con un aumento sia per il comparto idrico che in quello dei rifiuti. L’incremento maggiore previsto nel piano di investimenti sarà appannaggio dell’acqua (1,3 miliardi di euro); al settore idrico sono interessati in particolare i soci francesi di Suez.

IL PESO DI CALTAGIRONE

In ambienti vicini ai soci – sia dei francesi che del gruppo Caltagirone – si osserva un certo sconcerto per l’iniziativa del sindaco Marino, che di fatto cerca di rottamare i vertici dell’ex municipalizzata. Se la posizione del presidente Cremonesi, ritenuto dal Pd ancora di stretta osservanza alemanniana, è ritenuta traballate, l’editore e costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone – come scrive Luca Pagni di Repubblica – “si sarebbe detto pronto a discutere di tutto, ma avrebbe chiesto di dare un segno di continuità confermando l’ad Gallo”, in passato nella francese Edison.

I RILIEVI DELLA CONSOB

Ma mugugni e perplessità sull’operato del chirurgo si avvertono chiaramente in altri palazzi. E’ il caso ad esempio della Consob presieduta da Giuseppe Vegas. La Commissione di vigilanza sulle società quotate e la Borsa ha fatto notare a Marino che chi è titolato a chiedere convocazioni di assemblee societarie – come ha fatto per Acea –  è il consiglio comunale, non la giunta e neppure il primo cittadino. Insomma: il sindaco di Roma è il legale rappresentante dell’azionista Comune non il titolare delle quote possedute dal municipio che sono dell’assemblea capitolina.

BILANCIO PRO ACEA

In verità anche nel Pd parole e opere di Marino su Acea non stanno riscuotendo troppi successi. Infatti c’è chi intravvede una divaricazione rispetto alle parole e agli atti di Daniela Morgante, assessore al Bilancio del Comune. Morgante, con una lettera piena di elogi per il vertice di Acea, ha chiesto la distribuzione del dividendo, che l’ex municipalizzata ha elargito: 42 centesimi di euro ad azione rispetto ai 30 centesimi dello scorso anno. In altre parole il Campidoglio incassa 46 milioni di euro.

MALUMORI PD

Anche nel partito che ha sostenuto Marino si rintracciano umori e prese di posizione tutt’altro che favorevoli al forcing anti Acea del primo cittadino. Ernesto Menicucci del Corriere della Sera trae da alcune frasi di Umberto Marroni, deputato Pd e uno degli uomini chiave dei democrat a Roma, un giudizio non esaltante sulla vicenda. Così come in un comunicato del dalemiano Pierpaolo Pedetti si sono messi per iscritto rilievi su Marino a proposito di Acea.

Acea, tutte le soavi sberle incassate dal sindaco Marino

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