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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Come disse profeticamente Moretti alla sinistra, il centrodestra con questi uomini non va da nessuna parte. Dare la parola ad iscritti e simpatizzanti è l’unico modo per risalire la china. Stando alle prime reazioni, sembra proprio che il centrodestra, complessivamente inteso, abbia capito poco o nulla del significato politico del voto europeo.

QUALCHE NUMERO

Sostanzialmente tutti sono soddisfatti visto che nulla cambia. Soddisfatti di cosa? Guardiamo i numeri. Nel 2009 il Pdl prese 10.767.965 voti, alle politiche del 2013 i voti erano diventati 7.332.134, a queste europee se sommiamo Forza Italia, NCD e Fratelli d’Italia si hanno 6.809. 071 voti. Meno 3.958..894 rispetto al 2009, meno 523.063 rispetto all’anno scorso. La Lega che nel 2009 aveva 3.123.859 voti e nel 2013 1.390.534, quest’anno porta a casa 1.686.556 con un incremento di poco di 300mila unità rispetto alle politiche. E questa è una somma numerica non certo politica. Non è facile infatti mettere insieme europeisti e antieuropeisti, popolari europei e movimentisti, governativi e barricadieri. Il tutto mentre il PD di Renzi sfonda il muro del 40%.

LA CHIAVE DEL CAMBIAMENTO

Tutto questo significa una cosa sola. La speranza di cambiamento che fino ad ieri l’altro aveva incarnato il centrodestra ora è passata armi e bagagli al centrosinistra. Le prime mosse di Renzi vanno in un’unica direzione, e sarebbe da meravigliarsi del contrario, quella di consolidare il risultato. Cosa che gli riuscirà benissimo se, nel frattempo, sul fronte moderato, non ci sarà una reazione sul piano dei programmi e soprattutto degli uomini. Sul piano programmatico la cosa è abbastanza semplice. L’archetipo della politica moderata, da declinare poi in tutte le sue articolazioni, non può che essere riassunta nello slogan “Meno Stato, più società”. Il che si traduce immediatamente in più libertà per i singoli cittadini. Quindi meno tasse, meno spesa pubblica, un welfare completamente diverso e così via. Tutte cose sempre dette a parole ma mai messe in pratica.

UOMINI DIVERSI

Secondo corno del dilemma: uomini nuovi. Non serve la prova del nove per capire che anche senza riferirsi a Berlusconi, che sta diventando perfino imbarazzante nel suo voler tenere in mano la leadership del centrodestra, la ripresa dell’area moderata non può venire da Alfano, dalla Meloni e meno che mai da Salvini. La posizione del capo della Lega, e in parte anche della Meloni, è antistorica. Su quella base non c’è futuro per un Paese come l’Italia. Alfano poteva essere una chance ma non ha sfondato. E’ sopravvissuto. Come disse profeticamente Moretti alla sinistra, il centrodestra con questi uomini non va da nessuna parte. I loro partiti vivacchieranno più o meno bene ma non saranno più in grado di guidare il Paese. C’è solo una strada: rompere gli schemi dando davvero voce alla base. Le strade possono essere diverse.

CHE STRADE PERCORRERE

Convocare una sorta di Leopolda di centrodestra, come ha proposto Formiche.net, oppure chiamare a raccolta gli Stati generali del centrodestra oppure promuovere un referendum fra iscritti e simpatizzanti per farsi indicare la strada da percorrere. Iniziative dirompenti che i vertici non prenderanno mai ma che possono benissimo essere autoconvocate. Blog, Circoli, giornali on line possono chiamare a raccolta i tanti elettori che si sono rifugiati nell’astensione o che, sia pure a malincuore, hanno continuato a votare i singoli partiti. Una sorta di Assemblea Costituente, magari anche on line, per mettere a punto una Carta di valori e per individuare un metodo per la selezione di una nuova classe dirigente.

L’ALTERNATIVA

L’alternativa è una sola. Continuare la discesa, più o meno veloce, nel baratro e guardare con sgomento un supposto leader di sinistra portare avanti un supposto programma di centrodestra. Fino a quando l’inganno sarà manifesto. Solo che in quel momento i giochi saranno fatti e Renzi e il PD avranno l’Italia in mano.

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