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Quali sono le ragioni che portano questa riforma elettorale (oltre che le modalità dell’alleanza tra due “out” dal Parlamento) ad essere contro i dettami della Costituzione e della sovranità popolare?

La domanda può sembrare apparentemente provocatoria, ma nella sostanza serve per fare chiarezza sul tema della riforma elettorale, tanto voluta dall’asse Renzi-Berlusconi. Lo abbiamo chiesto a Gregorio Esposito, presidente del laboratorio politico culturale Obiettivo Italia. (www.obiettivoitalia.org)

“La sua domanda capita proprio quando il neo-nominato premier Matteo Renzi ha appena ottenuto la fiducia al suo governo. E’ dal tema della fiducia che vorrei partire. Com’è possibile che in un Paese che si dichiara democratico si conceda a due soli uomini – Renzi e Berlusconi – il potere di riformare l’attuale legge elettorale? Chi o con quale fiducia, si legittimerebbe il loro intervento in fatto di riforme? La questione, nello specifico l’Italicum, è sicuramente un tema delicatissimo che non può prescindere dai dettami costituzionali né, a maggior ragione, prendere le distanze dal principio di sovranità popolare. E’ bene ricordare che se questo principio è consacrato al primo articolo della Costituzione ci sarà pure un motivo. Pertanto, sono convinto, che a nessuno mai (soprattutto e chi come Renzi che non si è mai sottoposto al vaglio elettorale) dovrebbe essere concesso il potere di disattenderlo e – cosa ben più grave – fare queste riforme addirittura con persone condannate e con la benedizione del Presidente della Repubblica. A questo punto allora di quale fiducia stiamo parlando? Perché una cosa è quella che è stata concessa nelle ultime ore alla Camera e cosa ben diversa è quella riconosciuta dai cittadini italiani. Certo è che se Renzi e Berlusconi sino a ieri erano entrambi fuori dal Parlamento (uno perchè sindaco di Firenze e mai eletto parlamentare e l’altro perchè dichiarato decaduto dalla carica di senatore), oggi sono magicamente diventati artefici ed autori di un accordo extra-parlamentare destinato ad incidere su quelle che saranno le scelte future dalla vita politica di questo Paese. Ma è mai possibile una cosa del genere? Inoltre, la riforma che questi vorrebbero adottare contempla in realtà un pacchetto di interventi ben più ampio della sola riforma elettorale che si estenderebbe sino a comprendere interventi di natura istituzionale e costituzionale. Infatti sarebbe più corretto chiamarlo “Pacchetto Italicum” visto che, in un solo colpo, vogliono riformare il Titolo V della Costituzione, l’ abolizione del Senato della Repubblica e la legge elettorale con l’ennesimo governo di tecnici e senza che i cittadini abbiano esercitato la benché minima volontà popolare in tal senso. Ma in quale altro paese del mondo è possibile una cosa del genere se non in quelli vittime di un colpo di Stato? Questa riforma, alla luce della sentenza della Consulta, avrebbe avuto un senso solo per ciò che riguarda la riforma elettorale e, successivamente a nuove elezioni (sempre che fosse risultato eletto Renzi), procedere con le altre due riforme grazie anche ad una nuova classe politica rinnovata proprio in virtù della riforma elettorale oggi in esame. Invece, si concede ad un estraneo del parlamento di costruire un pacchetto all-inclusive da far passare grazie agli effetti di una tacita connivenza politica di tutte quelle altre forze partitiche che alla poltrona proprio non vogliono rinunciare. Ragionamento plausibile – in termini di opportunità politica – se pensiamo alla soglia di sbarramento che l’Italicum prevederebbe nella misura del 4,5% e al premio di maggioranza del 18% (fatte salve lemodifiche dell’ultima ora). C’è da dire quindi che una cosa è la volontà di dotarsi di una nuova legge elettorale in grado di restituire dignità ad un Paese fortemente in crisi e cosa ben diversa è quella che ciò debba essere concesso a personaggi che da un lato dicono di voler rottamare la vecchia politica ma, dall’altro, fanno accordi con un condannato. Che piaccia o no (anche a Berlusconi) questo è un fatto che non puo’ passare in secondo piano. A questo punto la sostituzione di Letta in favore dell’ ex-sindaco di Firenze Matteo Renzi (che ricordiamo essere un estraneo nel parlamento) con un governo rimasto fondamentalmente lo stesso, a quali logiche risponderebbe se non a quelle di garantire che queste riforme giungano a compimento? Sul punto però viene da chiedersi se l’incostituzionalità dichiarata lo scorso gennaio con la sentenza della Consulta abbia avuto o meno un senso in termini di difesa dei principi costituzionali violati con il porcellum. Considerazione questa che muove i suoi passi proprio dall’intervento della Corte Costituzionale che, oggi, sembrerebbe essere stato neutralizzato proprio con un accordo concepito fuori dal parlamento da persone che nei prossimi giorni lo imporranno all’aula. Sempre che nn si dedichino ad altre riforme opportunamente riscaldate.

Sul punto, non dobbiamo dimenticare che la legge elettorale è l’unico vero strumento di democrazia che consente ai cittadini di eleggere (o far nominare) i propri rappresentanti politici. Pertanto, il potere sovrano che si consacra nell’efficienza di questo strumento di democraticità non può essere ulteriormente aggravato (se si tiene conto che anche l’Italicum sarà caratterizzato da liste bloccate ed assenza di preferenze) dal fatto che due sole persone possano addirittura accordarsi fuori dal parlamento. Se ciò è possibile in questi termini allora chiunque potrebbe svegliarsi una mattina e rivoluzionare ogni assetto di questo Paese in nome di una fantomatica esigenza di governabilità. Ammesso che questo significhi governare una nazione.

Ritornando alla nostra domanda, bisogna avere il coraggio di affermare che nessuna carta costituzionale può essere modificata nel suo impianto da parte di persone (o pseudo governi tecnici nominati all’occorrenza: il terzo nell ordine di crisi) che non siano state legittimate dal popolo così come il già citato articolo 1 esige in fatto di sovranità popolare“.

Renzi-Berlusconi e la riforma della legge elettorale. A che gioco giochiamo?

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