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Cosa pensa della politica energetica europea?
E’ evidente che l’Europa, e anche molti Stati membri, hanno accumulato una serie di gravi errori negli ultimi dieci anni. Oggi ci ritroviamo con un cumulo di effetti negativi. Abbiamo i prezzi dell’energia tra i più elevati al mondo. Le emissioni di CO2 sono state ridotte principalmente perché in Europa siamo in crisi, altrimenti, se l’economia andasse meglio, sarebbero in aumento. In terzo luogo, abbiamo la sicurezza degli approvvigionamenti a rischio perché le centrali a gas vengono progressivamente chiuse in tutta Europa. Questo è il motivo per cui abbiamo aderito al gruppo chiamato Magritte, capitanato dal capo di Gaz de France Suez, Gérard Mestrallet, che comprende una dozzina di operatori europei ed è dedicato a una revisione radicale della politica energetica europea e degli stati membri. Siamo arrivati ad una situazione drammatica che mette a rischio la ripresa economica europea.

Quali sono secondo lei i principali fattori di questa incapacità dell’Europa di definire una politica comune coerente?
Vedo due problemi essenziali di governance. In primo luogo, a livello europeo, in ragione della suddivisione delle responsabilità sull’energia in quattro filoni: ambiente, industria, politica estera e concorrenza, senza che ci sia una figura che ne faccia una sintesi. Un secondo errore è stata la ripartizione, per lo meno confusa, delle responsabilità tra gli Stati membri e l’Unione europea, fonte di errori ulteriori. Devo dire che sono stato tra i primi a parlarne. Qualche giorno fa, lo stesso Commissario europeo per l’energia, il tedesco Günther Oettinger, sembra aver fatto il suo “meaculpa”. E il nuovo super-ministro dell’Energia tedesco, e Vice-Cancelliere, Sigmar Gabriel, ha riconosciuto anche lui che abbiamo fatto errori drammatici. In particolare, egli ha riconosciuto che occorreva fare retromarcia sulle energie rinnovabili. Uno dei migliori esempi di questo problema di governance è stato vedere come è stato applicato l’obiettivo “3×20 “fissato nel 2008 dall’Unione Europea. Questo ha portato gli Stati membri a interpretare questi obiettivi in modo disastroso. Tre paesi, Germania , Spagna e Italia, hanno creato delle sovvenzioni alle energie rinnovabili che hanno annientato il consumatore. In Germania, ogni famiglia ha avuto un sovraccosto annuo di 220 euro sulla bolletta elettrica e sarà così per altri 20 anni . E mentre il consumatore americano risparmia 1.300 dollari all’anno grazie allo shale gas, le famiglie tedesche sono gravemente penalizzate. Questo è il motivo per cui la nuova grande coalizione tedesca si prepara oggi a rivedere la propria politica energetica.

Bisogna pertanto fermarsi sulle energie rinnovabili?
Bisognava almeno porre loro un limite. Si sono incentivate fortemente le energie rinnovabili. Il prezzo del carbone è crollato. I benefici in termini di riduzione della  CO2 che derivavano dall’uso delle energie verdi sono stati assorbiti dalle negatività del carbone. Sovvenzioni eccessive hanno portato a grandi investimenti in energia eolica e solare, che hanno priorità di accesso alle reti a prezzi prefissati per 20 anni e superiori a quelli di mercato. E’ diventato il lavoro più facile del mondo.

Quale può essere il futuro dello shale gas in Europa, data la resistenza di Paesi come la Francia?
La Francia vive il problema con minor ansia rispetto al resto d’Europa, perché rimane privilegiata dalla propria scelta per il nucleare. Va ricordato a questo riguardo che, quando De Gaulle ha optato per il nucleare, con il sostegno del Partito comunista di Maurice Thorez, non l’hanno fatto perché questo era meno caro. L’hanno fatto per assicurare l’indipendenza energetica della Francia: è stata una scelta strategica del paese nel lungo termine. Ma oggi, a livello europeo, se non affrontiamo il tema dello shale gas, ci rassegniamo a perdere tutta l’industria consumatrice di energia. Poiché il differenziale di costo con gli Stati Uniti è così importante che tutti i nuovi investimenti si concentreranno lì, senza che si possano escludere dei trasferimenti di attività. Con tutti i suoi problemi attuali, l’Europa può rassegnarsi a questo triste destino per i prossimi 10-20 anni? Non penso. Avere un’energia competitiva deve essere il primo punto all’ordine del giorno della politica industriale europea .

Quali soluzioni vedete per cambiare la politica europea?
Personalmente, vedo due strade da esplorare. In primo luogo, proviamo a vedere se si può vivere in Europa la rivoluzione dello shale gas che abbiamo visto negli Stati Uniti. Vediamo se ci sono giacimenti, se è sfruttabile, competitivo, compatibile con l’ambiente … Prima di dire di no allo shale gas, dobbiamo sapere di cosa si sta parlando. Come sempre, il Paese più pragmatico in materia era l’Inghilterra, mentre la Francia ha una posizione più ideologica. François Hollande ha detto: ”Fino a che sarò io il presidente, non ci sarà shale gas”. Gli auguro di non essere presidente troppo a lungo perché rischia di avere un problema su questo fronte. Perché escluderlo senza sapere di che cosa si parla? Dire mai senza aver esplorato a fondo un argomento così vitale mi sembra assurdo.

Lei ha parlato di un’altra via alternativa a disposizione dell’Europa. Quale sarebbe?
L’altra via politica sarebbe quella di allearsi con la Russia. Ma con questo Paese, che dispone di risorse di gas pressoché illimitate e a costi molto bassi, noi europei abbiamo instaurato finora dei rapporti politici conflittuali. Le relazioni dell’Unione europea con la Russia sono puramente commerciali. A livello di Eni, abbiamo rapporti eccellenti con la Russia da oltre 40 anni. Con Rosneft, abbiamo un accordo per l’esplorazione di idrocarburi nel Mare di Barents e del Mar Nero russo. Per quanto riguarda Gazprom, abbiamo un contratto commerciale con loro per rendere i prezzi del gas in linea con quelli europei. Il problema è che il gas negli Stati Uniti  si vende a 4 dollari per milione di BTU (British Thermal Units). In Europa, si vende a 11-12 dollari. Attraverso le negoziazioni commerciali, si può passare da 12 a 10, ma resta il doppio del prezzo americano. Per passare a 4, bisogna trovare shale gas in Europa o trattare  la Russia come partner. Poiché la stessa Russia ha interesse a che l’Europa non si disindustrializzi. Ma il miglior modo per trattare con i russi non è dare loro lezione tutti i giorni. Noi occidentali abbiamo a volte atteggiamenti molto più tolleranti con regimi ancora più distanti dalla nostra cultura di quanto non lo sia la Russia. Noi tendiamo a fare gli insegnanti di democrazia alla Russia, dimenticando altri Paesi certamente meno democratici.

Intervista di Pierre De Gasquet, Les Echos

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