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Occhi puntati sul Colle e su Palazzo Chigi per una settimana che si preannuncia di fuoco. Il premier Enrico Letta salirà al Quirinale da Giorgio Napolitano probabilmente domani e poi “sbloccherà la situazione”, come ha detto lui stesso da Sochi sabato. Molti, in primis il vicepremier Angelino Alfano, gli chiedono una “svolta vera”. Letta lavorerà ancora oggi all'”Impegno 2014″, mentre in Parlamento si apre una settimana (e un mese) di fuoco, in cui il governo potrebbe essere chiamato ripetutamente al banco di prova sui tanti decreti in scadenza che si sono accumulati. Sul tavolo di Letta e Napolitano tre ipotesi: rimpastino, rimpasto o Letta-bis. Letta potrebbe anche decidere un approccio “soft”, ovvero cambiare poco alla volta la compagine di governo per arrivare infine a un esecutivo bis.

Al momento l’idea della staffetta con il segretario Pd Matteo Renzi sembra essere stata superata anche perché lo stesso sindaco di Firenze si è smarcato: “Ma chi ce lo fa fare?” ad andare al governo senza elezioni, si è domandato. Domani dovrebbe essere il giorno decisivo, quello in cui premier e capo dello Stato siederanno intorno a un tavolo e valuteranno il da farsi. Di certo, nella compagine di governo, ci sono tre posizioni rimaste vacanti: il ministro delle Politiche agricole, dopo l’addio di Nunzia De Girolamo; il viceministro dell’Economia (dopo le dimissioni di Stefano Fassina); il viceministro degli Esteri, posto lasciato vacante da Bruno Archi (FI) che è uscito dal governo.

Oltre a queste poltrone vuote, ci sono quelle che sono state in questi mesi maggiormente oggetto di critiche: c’è il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, di cui le opposizioni chiedono ancora le dimissioni; poi c’è il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, da più lati bersagliato da critiche; il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato è stato attaccato dalla renziana (e presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia) Debora Serracchiani per la vicenda Electrolux. Non senza nuvole anche il posto del ministro del Lavoro Enrico Giovannini, che ha espresso delle riserve sul Jobs Act di Renzi.

Qualunque sarà la decisione che prenderanno Letta e Napolitano, sarà di certo una scelta difficile da prendere in una situazione di equilibrio fragilissimo. A cominciare dalla legge elettorale, che ricomincia l’esame nell’Aula della Camera domani sera, e di tutti i decreti, in scadenza tra fine febbraio e marzo, che sono incardinati tra Montecitorio e Palazzo Madama. C’è ad esempio il dl Destinazione Italia che dovrebbe essere licenziato dalla Camera domani per poi passare al Senato. C’è poi il dl Carceri appena approdato a Palazzo Madama, il dl Milleproroghe che deve essere analizzato dalla Camera, il dl Finanziamento ai partiti e il dl Salva Roma bis che procedono a rilento in Senato e devono ancora essere trasmessi alla Camera.

Infine c’è il nuovo decreto sul rientro dei capitali che deve ancora iniziare l’iter a Montecitorio. La maggior parte di questi provvedimenti scade tra fine mese e inizio marzo, e proprio per questo la votazione su di essi potrebbe essere un ripetuto banco di prova: con le commissioni parlamentari intasate di lavoro e una Camera (Montecitorio) bloccata per l’esame della legge elettorale, il governo potrebbe essere costretto a porre la questione di fiducia in diverse occasioni. VIC

Dall'Italicum ai dl in scadenza, cosa rischia il governo Letta

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