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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, pubblichiamo l’articolo di Marcello Bussi uscito oggi sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi

La Bundesbank non molla l’osso, sull’austerità non si fanno passi indietro. Anzi, deve essere più dura. Nel bollettino della banca centrale diffuso ieri è scritto nero su bianco che ci vorrebbe un prelievo una tantum sui capitali privati dei cittadini dei Paesi di Eurolandia a rischio fallimento.

IL PRECEDENTE DEL FMI

L’ipotesi era già stata sollevata dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi) in un report dello scorso ottobre che aveva fatto molto rumore. Lo stesso Fmi aveva poi spiegato che si trattava di un caso puramente teorico e non di una raccomandazione. Fatto sta che nel report era stato calcolato che per riportare i debiti pubblici di 15 Paesi di Eurolandia ai livelli precedenti il 2007, anno in cui è scoppiata la crisi finanziaria globale, sarebbe stato necessario un prelievo una tantum del 10% sulla ricchezza delle famiglie. La Bundesbank è molto più chiara sulle sue intenzioni, affermando esplicitamente nel suo rapporto mensile che «nel caso eccezionale dell’incombente bancarotta di un Paese, un prelievo una tantum sui capitali dovrebbe avere più successo di altre opzioni». Secondo l’istituto guidato da Jens Weidmann, «una tassa sui capitali corrisponderebbe al principio della responsabilità nazionale, in base al quale i contribuenti sono responsabili delle obbligazioni del proprio Paese prima che venga richiesta la solidarietà internazionale».

LA TESI DELLA BUBA

Bontà sua, la Bundesbank ammette che questa soluzione comporta «rischi significativi» ed è di difficile attuazione. Tuttavia, al contrario del Fmi, non fa nulla per nascondere che il prelievo forzoso è la sua opzione preferita per risolvere il problema del debito pubblico. Non c’è da stupirsi della presa di posizione tedesca. In fondo si tratta dello stesso principio dell’Unione bancaria, secondo cui gli aiuti della Ue arrivano come ultima istanza, dopo che sono stati tosati azionisti e correntisti della banca fallita. Principio che si è già concretizzato nel caso del salvataggio di Cipro, dove i correntisti di alcune banche hanno subito tagli anche superiori al 50% dei loro depositi eccedenti i 100 mila euro.

GLI APPASSIONATI ALLA PATRIMONIALE ALTRUI

Fra i primi a sollevare lo spettro della patrimoniale (ovviamente non per i tedeschi, ma per i cittadini degli altri Paesi) era stato l’estate scorsa il Diw, uno dei più influenti istituti tedeschi di ricerca economica. Allora l’economista del Diw, Stefan Bach, aveva spiegato che la patrimoniale una tantum o un vero e proprio prelievo forzoso «sono particolarmente adatti per quei Paesi in crisi» come «Grecia, Spagna e Italia dove la ricchezza delle famiglie è sostanzialmente superiore al debito pubblico». La Germania, insomma, continua a essere allettata dalla tentazione di mettere le mani sulla ricchezza degli italiani.

LO SCUDO ANTI SPREAD IN DISCUSSIONE IN GERMANIA

Bisogna poi ricordare che sull’Omt, lo scudo antispread predisposto dalla Bce, pende la sentenza della Corte costituzionale tedesca. Sentenza che era in programma per l’autunno scorso, ma poi è stata rinviata al 2014 per non interferire nelle complicate trattative per la formazione della Grande Coalizione fra Cdu/Csu e Spd. Ieri sulla stampa tedesca è trapelato che la sentenza dovrebbe essere emessa ad aprile. Secondo Jp Morgan, «la Consulta pianterà alcuni paletti intorno all’Omt, ma non lo bloccherà». È tutto da vedere, però, se anche con i nuovi paletti i mercati non oseranno sfidare il celebre mantra di Mario Draghi sulla Bce «pronta a tutto per preservare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza».

GLI ULTIMI DATI DI BERLINO

Intanto, mentre la Germania sembra fare di tutto per minare l’euro, la fiducia delle imprese tedesche a gennaio è aumentata per il terzo mese consecutivo, con l’indice Ifo salito a 110,6 punti, in rialzo rispetto al dato di dicembre a 109,5 punti e superiore alle stime a 110 punti. Per Hans-Werner Sinn, presidente dell’istituto di ricerca Ifo, che elabora l’omonimo indice, è il segnale di un «inizio d’anno promettente» per l’economia tedesca.

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