Il recente conflitto alla Procura di Milano e le polemiche sulla riforma governativa del pianeta giustizia avevano evocato, lasciandolo però sullo sfondo, un elemento cruciale nelle dinamiche interne all’ordine giudiziario: la rilevanza e l’egemonia delle correnti nell’attività e carriera dei magistrati.
Le regole del gioco
Ieri questo fattore è venuto in piena luce nel corso dello spoglio delle urne per l’elezione dei 16 membri togati del nuovo Consiglio superiore della magistratura che si insedierà il 31 luglio. A scegliere in 3 distinti collegi i 10 giudici di merito, i 4 pubblici ministeri e i 2 esponenti della Corte di Cassazione erano chiamate tutte le toghe italiane.
Le regole elettorali, semplici e controverse allo stesso tempo, prevedevano la presentazione dei candidati che avessero conquistato il numero più alto di consensi nelle consultazioni primarie celebrate a marzo. La preferenza andava direttamente all’aspirante consigliere. Nessun conteggio dei voti per liste e correnti. A entrare a Palazzo dei Marescialli saranno dunque i 16 concorrenti che a titolo individuale hanno ottenuto più adesioni.
Il responso delle urne
Concepite nel 2003 dall’ex Guardasigilli Roberto Castelli per ridimensionare il potere delle correnti, il nuovo meccanismo di voto – dicono gli addetti ai lavori – non ha affatto premiato gli outsider.
L’80 per cento circa degli elettori in toga ha scelto 7 rappresentanti di Area, il cartello progressista formato da Magistratura democratica e Movimento per la giustizia, 5 esponenti centristi di Unità per la Costituzione, 4 membri moderati di Magistratura indipendente. Rispetto al voto del 2010 la “sinistra” e la “destra” guadagnano un seggio. Esattamente quanti ne perde il “centro”.
La squadra di Unicost
La corrente centrista può vantare fra le proprie fila l’unica donna eletta nell’organo di autogoverno della magistratura. Si tratta del giudice della Suprema Corte Maria Rosaria Sangiorgio, che verrà affiancata dal sostituto procuratore di Roma ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara, dal giudice del Tribunale di Napoli Francesco Cananzi, dal suo collega di Crotone Massimo Forciniti e da quello della Corte d’Appello di Milano Rosario Spina.
L’alleanza progressista
La nutrita formazione dei consiglieri di Area può contare sul giudice della Corte di Cassazione Ercole Aprile, sui pubblici ministeri Fabio Napoleone e Antonio Ardituro, sui giudici di merito Piergiorgio Morosini – gip dell’inchiesta palermitana sulla presunta trattativa tra Stato e mafia – Lucio Aschettino, Valerio Fracassi e Nicola Clivio.
La pattuglia moderata
Magistratura indipendente, che aspirava a rovesciare consolidati rapporti di forza e a rompere la tradizionale convergenza tra Unicost e Md, riscuote successo tra le toghe attive nei processi di primo grado.
A rappresentarla saranno il pubblico ministero di Nuoro Luca Forteleoni e i giudici Claudio Galoppi – recordman di preferenze – Aldo Morgigni – gip dell’inchiesta sul maxi-riciclaggio di due miliardi culminata con la condanna di Gennaro Mokbel – e Lorenzo Pontecorvo, segretario di Mi.
La bufera pre-elettorale
Forteleoni e Pontecorvo erano assurti a notorietà sul piano nazionale per un messaggio telefonico di propaganda elettorale a loro favore, scritto alla vigilia del voto dal loro ex leader di corrente nonché sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri.
Un’iniziativa che il premier Matteo Renzi aveva bollato come “indifendibile” pur non ritenendo urgente chiedere e ottenere le dimissioni del suo artefice. Mentre l’ANM aveva parlato di “evidente e grave interferenza nel delicato equilibrio tra i poteri”.
Gli esclusi di rilievo
Restano esclusi dalle mura di Palazzo dei Marescialli magistrati di grande esperienza. Fra loro spiccano per Magistratura indipendente il procuratore generale presso la Suprema Corte esperto di diritto dell’informatica Giuseppe Corasaniti, e il pm della Direzione distrettuale anti-mafia di Napoli Sergio Amato.
Figlio, quest’ultimo, di Mario Amato, il magistrato assassinato a Roma nel giugno 1980 per l’inchiesta capillare e solitaria sulle relazioni tra eversione neo-fascista, Banda della Magliana, affarismo politico-finanziario.
Non entrano nel Consiglio Carlo Fucci – già segretario dell’ANM candidatosi come indipendente dopo la rottura con Unità per la Costituzione – e Francesca Bonanzinga in rappresentanza di Altra Proposta, il gruppo nato con una forte impronta polemica verso le correnti.
Un CSM dimezzato
Per esercitare le sue prerogative a partire dal 31 luglio, il CSM deve essere al completo. E comprendere, oltre ai 16 membri eletti dai magistrati, gli 8 componenti di nomina parlamentare. Personalità che spetta al Parlamento in seduta comune scegliere e approvare.
Una compagine fondamentale per l’equilibrio istituzionale, visto che tra i “membri laici” verrà individuato il futuro vice-presidente dell’organo di autogoverno dei giudici. Ruolo per il quale si fa strada il nome dell’ex Guardasigilli Paola Severino.
Per la nomina “politica” dei consiglieri è previsto un quorum molto elevato pari ai tre quinti dei parlamentari. Ne scaturisce l’esigenza di un ampio accordo tra i partiti. Punto di incontro che ancora non è stato raggiunto. E che spiega la “fumata nera” registrata a Montecitorio mentre si avviava a conclusione lo spoglio dei componenti togati.
Un dossier scottante
L’esigenza di un CSM nel pieno dei poteri è tanto più avvertita per le decisioni che esso dovrà assumere nei prossimi mesi. A partire dalla risoluzione definitiva del conflitto in atto nella Procura di Milano tra il capo dell’ufficio Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo.
Per entrambi aleggia il rischio di una mancata riconferma, visti i rilievi disciplinari e comportamentali che le commissioni competenti di Palazzo dei Marescialli hanno messo in luce.
La sicurezza di Bruti Liberati
Convinto della bontà del proprio operato, Bruti ha preannunciato in una lettera ai pm ambrosiani la richiesta di permanenza nell’incarico. Riconosce “la responsabilità delle insufficienze e degli errori”, ma rivendica un “bilancio largamente positivo per un lavoro condiviso e di grande prestigio”.
Argomentazioni che trovano una clamorosa obiezione nelle parole del procuratore generale di Milano Manlio Minale. Il quale, in una lettera al CSM, accusa Bruti Liberati di “scarsa trasparenza nella gestione dei fascicoli giudiziari”.