Dopo il dibattito che si è animato sulle colonne di Formiche.net intorno all’idea della Leopolda Blu sono stati fatti alcuni passi in avanti nel discorso pubblico del centrodestra italiano. Non solo molti sono tra accademici, giornalisti, giovani del mondo delle associazioni e dei think tank sono tornati a interrogarsi sul futuro e sulle idee di quest’area politica ma vi sono stati alcuni segnali di distensione e avvicinamento.
Sarebbe sbagliato, ad esempio, valutare negativamente la lettera di Berlusconi sul Giornale che richiama l’unità dei moderati e la necessità di costruire una piattaforma politica e programmatica prima di una coalizione. Rispetto a quanto visto nell’ultimo anno è senza dubbio un segnale di apertura che, quanto meno, incoraggia un ragionamento intorno alla ricomposizione. Così come è un passo in avanti, seppur tardivo, il manifesto per gruppi unitari popolari tra NCD, UDC e i Popolari per l’Italia. Verrebbe così meno la fastidiosa sensazione che gruppi politici animati dalle stesse idee e dallo stesso orientamento europeo continuino a dividersi in nome del piccolo cabotaggio e delle gelosie personale. Ancor migliori sono le iniziative come quella di Giuseppe Moles e Antonio Martino che cercano di stimolare un coinvolgimento ed un dibattito dal basso con un appello liberale a tutto il popolo di centrodestra.
Tutti questi sono accadimenti positivi, tuttavia la strada per rinnovare appeal, visione e classe dirigente del centrodestra rischia di essere ancora molto lunga. Se l’unità è una condicio sine qua non per tornare non solo a competere per il Governo, ma a fornire un’alternativa politica e culturale al PD renziano non può questa far sparire di colpo la massiccia disaffezione che l’elettorato di centrodestra ha dimostrato verso i partiti. Perché un giovane disoccupato dovrebbe votare un rassemblement di simboli e (stesse) facce che sembra oramai parlare un linguaggio superato? Perché un imprenditore che per anni ha votato il centrodestra unito chiedendo una forte riduzione fiscale dovrebbe votare per chi oggi, con qualche anno in più, si presenta alle elezioni avendo fallito quell’obiettivo? Perché un elettore del Nord che chiedeva un federalismo che mai gli è stato dato dovrebbe continuare a guardare verso gli stessi che hanno tradito le proprie aspettative? Se è vero che molti temi propri del centrodestra oggi sono ancora sul piatto della bilancia elettorale, è altrettanto vero che nella classe dirigente di quest’area esiste un enorme problema di credibilità.
Ci sarebbe un discorso estremamente interessante da elaborare leggendo gli indicatori economico-sociali del Paese o semplicemente sentendo i malumori delle persone quando si entra la mattina a fare colazione al bar. Tuttavia, qualsiasi piattaforma programmatica esce annacquata dall’interpretazione degli attuali protagonisti del centrodestra. Per questo serve una ventata d’aria fresca che spalanchi le porte a nuove energie culturali e politiche.
Fare le carte bollate per l’alleanza non basta. O meglio: basta per sopravvivere e non per vincere, basta mantenere qualche poltrona, ma non per illuminare il Paese di opportunità. Questo non significa chiedere le quote giovani, i posti in Parlamento, le tribune da cui parlare, ma vuol dire spingere per ottenere due pilastri: una “piazza”, dei luoghi in cui esercitarsi a pensare, in cui creare un’osmosi tra politica e cittadinanza e uno spazio di competizione che permetta a gruppi, candidati, amministratori locali di giocarsi una partita per la leadership a tutti i livelli.
C’è una comunità sotterranea, quasi carsica, che si è esercitata negli scorsi mesi a mettersi alla prova con eventi partecipati, aperti e trasversali che non pretende poltrone, ma chiede un passo in più a tutta la classe dirigente del centrodestra: uscite dal castello di Kafka, tornate tra le persone, riprendete contatto con la realtà, misuratevi con il consenso.
Solo attraverso un processo virtuoso e dal basso potranno essere gettati i semi di nuove idee e nuove leadership. La piazza del centrodestra questo mondo “carsico” di associazioni, amministratori locali, giornali e think tank proverà a costruirlo a seguito di oltre un migliaio di adesioni raccolte con www.
Con l’evento autunnale di Milano proveremo a tradurre praticamente e pragmaticamente il frizzante dibattito che la rete ha alimentato. I protagonisti saranno coloro che oggi sono stati sommersi da cerchi magici, riunioni di palazzo, litigi poltronari, vecchi arnesi, idee miopi, fosche e inconciliabili, fidanzate e delfini zoppi.
Il messaggio sarà diretto a loro, ai leader del centrodestra: esiste un popolo diverso da quello che mandate in televisione, più vivo di quello che lotta per una poltrona, più energico di quello delle stanze del potere, più ambizioso di chi si accontenta di arrivare secondo, molto più affamato di visioni e di alternativa rispetto a quello che oggi si arrabatta sulla sbilenca riforma del Senato.