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Forza Italia scelga l’opzione popolare all’asse Meloni-Salvini. I consigli di Paolo Alli (Ncd)

Il Manifesto-Appello per la costituzione di gruppi parlamentari unitari tra Nuovo Centro-destra, Unione di Centro, Popolari per l’Italia vede crescere ogni giorno le adesioni. All’orizzonte sembra profilarsi il nucleo di una forza moderata che aspira a proporsi come l’alternativa credibile al Partito democratico di Matteo Renzi.

Restano invece da sciogliere tutti i nodi aperti con Forza Italia. Per capire se e quanto sia percorribile la strada di una rinnovata coalizione conservatrice, Formiche.net si è rivolta al deputato del Nuovo Centro-destra Paolo Alli.

A quale obiettivo puntate con la raccolta di firme per i gruppi parlamentari unici dei tre partiti?

L’appello ha un respiro più ampio: lanciare una costituente di alternativa popolare alla sinistra. Noi siamo al governo per una logica di unità nazionale che emerge con forza nella stessa UE grazie alla grande alleanza tra popolari, socialisti e liberali contro l’anti-europeismo. Ma nel lungo periodo non vogliamo divenire organici a uno schieramento di centro-sinistra, bensì riunire i moderati sotto l’insegna del PPE. Il primo passaggio logico è un gruppo parlamentare unico con potere di intervento incisivo sui vari provvedimenti.

Avete incontrato ostacoli nella vostra iniziativa?

È naturale che vi siano perplessità in tutti i gruppi. Tuttavia, parlando con i colleghi dei partiti coinvolti compresi gli esponenti moderati di Scelta civica, ho riscontrato grande attenzione.

Il percorso è precluso a Forza Italia?

Le condizioni che abbiamo posto sono l’appartenenza al gruppo del Partito popolare europeo, la natura di centro-destra, l’adesione all’esperienza di governo attuale. Requisiti che per ora vengono rispettati soltanto da NCD, UDC, PI, moderati di SC. Con Forza Italia condividiamo due dei tre elementi. Peraltro gli “azzurri” appaiono più orientati verso un asse con Lega Nord e Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale. Formazioni che si avviano a essere populiste, estremiste e con venature razzistiche.

Ma fino a poco tempo fa governavate insieme.

All’epoca Silvio Berlusconi era riuscito ad aggregare i partiti di Umberto Bossi e Gianfranco Fini verso il centro e l’area di governo. Adesso accade il contrario. Rilevando tale deriva ho rifiutato con altri rappresentanti del PDL di entrare in FI. Non sentendomi affatto un “traditore”.

Quali possono essere i punti unificanti di una rinnovata coalizione moderata?

Una riforma coraggiosa del mercato del lavoro che preveda l’abolizione dell’Articolo 18. Un cambiamento del pianeta giustizia in senso garantista. Una ricetta fiscale shock a favore di imprese e famiglie. Si tratta del patrimonio di battaglie portate avanti per vent’anni con Berlusconi.

Allora dove sono le divergenze?

La differenza non è tanto nei valori e nella strategia, ma nella tattica e nel rapporto con il governo. Se un anno fa avessimo optato tutti per l’opposizione, oggi forse l’Italia si troverebbe nelle mani di Beppe Grillo. L’ex Cavaliere lo sa benissimo. E sa bene di dover dire grazie ad Angelino Alfano.

Nutrite timore verso un Partito democratico “pigliatutto”?

Il “pigliatutto” non è il PD ma Renzi. Il Nazareno ha ritrovato un’unità e coesione di facciata tra le sue anime eterogenee sotto il cappello del premier plebiscitato dal voto europeo. La tendenza onnivora, di invasione dei centri di potere, appartiene peraltro più alla storia ex e post-comunista che ai filoni democratico-cristiani e socialisti. È uno dei difetti che in questi anni ha impedito al PD di divenire forza persuasiva e inclusiva di governo.

Il Presidente del Consiglio è diverso dai suoi predecessori di centro-sinistra?

Renzi costituisce un fattore moderatore con il suo profilo centrista, che gli ha fatto guadagnare il 7 per cento di voti moderati provenienti dal centro-destra. 



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