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Ecco quanto il petrolio arricchisce Isis

Controllo del territorio e delle risorse: è questa una delle carte vincenti dell’Is, lo Stato Islamico. E i territori che lo compongono sono ricchi di una risorsa primaria: il petrolio. È anche grazie all’oro nero – oltre ai finanziamenti dei Paesi del Golfo Persico – che il Califfato islamico è diventato il gruppo terroristico più ricco e potente del Medio Oriente.

ESPORTAZIONI

A spiegare come si muove l’export di greggio dell’Isis è stato Marco Valsania in un articolo pubblicato dal Sole 24 Ore. Valsania ha scritto che “i pozzi di petrolio e gas naturale caduti in mano agli estremisti, otto solo in Siria a Raqqa e Deir Ezzor, sfornano tra i 30.000 e i 70.000 barili al giorno. Questi vengono venduti, quando si tratta del petrolio meno pregiato, a 26-35 dollari al barile a uomini d’affari e trader, a volte locali e a volte basati in Libano e Iraq ma non solo, che poi spesso li importano in Kurdistan come in Iran o in Turchia dove vengono venduti a prezzo scontro rispetto alle quotazioni di mercato”.

Ad attingere alla “fonte” Isis – spiega l’articolo del Sole – è anche il governo siriano di Bashar al Assad. Ad accusare l’Isis di utilizzare il mercato nero per vendere petrolio alla Siria di Assad è anche il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, come riporta il sito DW. I jihadisti vendono indistintamente a qualsiasi compratore, ha sottolineato il governatore della città di Tuz Khormato (nel nord dell’Irak) all’agenzia turca Anadolu, per arricchirsi il più possibile in previsione di una nuova acutizzazione del conflitto.

QUANTO GUADAGNANO

A parlare è un funzionario del dipartimento di Stato statunitense secondo cui, riporta il Sole 24 Ore, l’Isis guadagnerebbe dalla vendita di petrolio “milioni di dollari al mese”. I jihadisti non contano più solo sulle donazioni provenienti dai paesi del Golfo Persico, ma sono riusciti a mettere in piedi una vera e propria rete manageriale di controllo del greggio.

TERRITORI STRATEGICI INTERESSATI

I jihadisti dello Stato Islamico, secondo Valsania, controllano ormai le “regioni settentrioni dell’Iraq e orientali della Siria, dove gestisce un ampio territorio e si è impadronito di filiali della banca centrale siriana, di imprese, di coltivazioni e di pozzi di greggio”. Inoltre l’Irak è il settimo produttore di petrolio al mondo, si legge sul sito Vox, e ad aprile la produzione è stata di 3,3 milioni di barili al giorno. Il 10% di questa produzione si concentra nella regione autonoma del Kurdistan nel nord dell’Irak, ed è proprio la minaccia di questo territorio da parte dell’Isis ad aver innescato la reazione (militare) degli Stati Uniti in appoggio alle milizie dei peshmerga curdi.



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