Le questioni di stretta attualità Raffaele Fitto le aveva affrontate nel corso del vertice di Forza Italia di mercoledì. Quando, rilanciando l’esigenza di consultazioni primarie aperte a tutti per la guida del centro-destra, aveva liquidato le aspirazioni di leadership del segretario della Lega Nord affermando: “Noi non siamo gregari di nessun Matteo”. Bocciatura in aperto contrasto con l’endorsement giunto da Silvio Berlusconi nei confronti di Salvini.
Ricercare la sponda del mondo produttivo
Per lavorare alla rifondazione di Forza Italia e alla costruzione di una credibile alternativa al Partito democratico di Renzi, l’euro-parlamentare “azzurro” ha scelto di sorvolare su nomi, rivalità, polemiche interne a quello che un tempo era l’asse egemone della politica italiana.
Attraverso la manifestazione “Per l’alternativa. Per il mondo produttivo. L’emergenza-tasse e la Legge di stabilità”, promossa con Daniele Capezzone ieri al Tempio di Adriano di Roma, Fitto ha voluto illustrare un pacchetto di “critiche liberali e riformatrici” alla Legge di stabilità. Ascoltando le argomentazioni e il malessere del mondo imprenditoriale, commerciale, artigiano, edilizio.
Lo spettro di un’ulteriore stangata fiscale
A partire da Mariano Bella, direttore del Centro studi di Confcommercio: “Sarò classificato come ‘gufo’, ma nella Legge di stabilità non vi è lo shock necessario per promuovere la ripresa economica e porre fine a una recessione prolungata da 5 anni in tutte le aree della penisola”.
È questa la ragione che lo spinge a condividere la proposta di Forza Italia di attivare tagli di spese lineari nel caso di mancato raggiungimento dei target di riduzione “chirurgica” delle uscite.
Lo scopo è evitare che le eventuali “clausole di salvaguardia” previste producano “80 miliardi di aggravio fiscale indiretto, aggiuntivo rispetto a una pressione tributaria pari al 53,2 per cento del Pil e letale per il tessuto produttivo”.
Compensare crediti e debiti verso il fisco
Ragionamento ripreso dal segretario di Confartigianato Cesare Fumagalli: “Abbiamo sperato in un’inversione di rotta rispetto all’austerità finanziaria. Ma la Legge di stabilità del governo Renzi non ha risposto alle attese, senza aggredire peraltro la montagna del debito pubblico”.
Così, spiega il rappresentante delle piccole imprese manifatturiere, il Prodotto interno lordo pro-capite è ritornato al livello di 18 anni fa e l’Italia è l’unico grande paese europeo imbrigliato nella recessione. Aggiungendo un assetto istituzionale confuso, una selva di controlli amministrativi sul fare impresa, un regime fiscale che ha imposto tasse intollerabili sui capannoni industriali, il panorama non appare promettente.
La ricetta suggerita da Fumagalli per fermare tale spirale passa per la compensazione universale tra debiti e crediti verso lo Stati, per l’obbligo di indicazione di origine dei marchi italiani, per l’ammodernamento delle reti fisiche e digitali di trasporto merci.
Un inasprimento della Tasi all’orizzonte
Ancor più problematico il quadro relativo al comparto edilizio, tradizionale traino del tessuto economico. È il presidente di Confedilizia Corrado Sforza Fogliani a puntare il dito contro il fattore cruciale della crisi: “Un prelievo fiscale sempre più intollerabile sulle abitazioni di proprietà, frutto della ‘superbia satanica’ di politici ed economisti indifferenti alla ricchezza e complessità del mercato. Fenomeno che ha generato nei cittadini un clima di sfiducia simile a quello che si respirava nelle realtà comuniste e sovietiche. Perché le persone si scoprono vulnerabili rispetto al bene casa, fino a pochi anni fa protezione fondamentale e garanzia preziosa per il futuro”.
Analisi che costituisce il terreno propizio per lanciare un allarme. A partire da gennaio 2015 – osserva Sforza Fogliani – le amministrazioni comunali potranno inasprire la Tasi dal 3 fino al 6 per mille. Provocando un aumento delle tasse pari a 4 miliardi e portando a 32 miliardi il prelievo complessivo sulle abitazioni. “Peraltro la nuova imposta locale allo studio del governo per sostituire l’attuale regime prevede cifre analoghe”.
A suo giudizio l’unica strada ragionevole e per la valorizzazione di un capitale storico è superare il prelievo fiscale sulla casa. Così come è “un principio di civiltà liberale eliminare l’ancoraggio del canone Rai alla bolletta elettrica, fondato sulla presunzione che l’utilizzo di energia comporti il possesso di un televisore”.
Gli effetti irrazionali del Patto di stabilità
L’altro versante che ha risentito degli effetti di una pressione tributaria pesante e caotica è rappresentato Antonio Gennari, vice-direttore dell’Associazione nazionale costruttori edili. Comparto che, nonostante il fabbisogno enorme di abitazioni, ha subito da oltre 7 anni di un crollo di investimenti pari al 46 per cento.
Un fenomeno – rileva l’esponente dell’Ance – frutto della recessione prolungata e dell’applicazione del Patto di stabilità interno.
“Una regola perversa, che ha permesso alle amministrazioni locali di aumentare la spesa corrente del 6 per cento riducendo gli investimenti produttivi del 36. E che nasce da parametri finanziari europei che fanno rientrare nel vincolo del 3 per cento gli interventi preventivi contro le calamità naturali e per la messa in sicurezza del territorio”.
Il richiamo a Margaret Thatcher contro l’austerità
Argomentazioni che toccano i pilastri dell’austerità egemone nell’Ue. Contro cui Raffaele Fitto ha lanciato una campagna nel terreno giuridico ed economico.
Ed è in tale cornice che il parlamentare europeo di Forza Italia rivendica l’esigenza di costruire un rapporto di interlocuzione e collaborazione proficua con i rappresentanti delle realtà produttive: “Le cui indicazioni costituiscono un buon terreno programmatico per rilanciare un’iniziativa politica fondata sul corretto rapporto tra cittadini e Stato nella gestione delle risorse economiche”.
È a questo punto che l’esponente “azzurro” di matrice democratico-cristiana fa un richiamo storico che galvanizza quanti avevano coltivato illusorie speranze nella “rivoluzione liberale” promessa dall’ex Cavaliere nel 1994. Le risorse economiche, rimarca Fitto citando Margaret Thatcher, “appartengono sempre ai contribuenti. Per finanziare se stesse, le istituzioni possono soltanto prelevarle nella forma di tasse o prenderle a prestito nella forma di titoli del debito pubblico”.
Le riserve sul piano Juncker
Un punto di partenza culturale che ai suoi occhi deve stimolare “un’auto-critica coraggiosa sugli errori compiuti nel corso delle esperienze di governo del centro-destra. A partire dalla mancata applicazione di costi standard nell’ambito della spesa sanitaria”. Compiuto questo riconoscimento – evidenzia Fitto – è necessario avanzare le critiche all’attuale esecutivo, “responsabile di una divaricazione tra parole e fatti”.
A tale scopo sono improntate le proposte alternative riassunte negli emendamenti di Fi alla Legge di stabilità. Miranti a “gettare luce sulle ambiguità legate al piano di investimenti da 300 miliardi presentato dalla Commissione Ue, a combattere la politica di austerità che ha costretto Palazzo Chigi a sottrarre 3 miliardi di euro al taglio delle tasse, a rimuovere il prelievo fiscale sulla casa: un valore frutto del lavoro di una famiglia e che si trasmette di generazione in generazione”.
Nessun riferimento a Berlusconi e Salvini
Ecco i contenuti che per l’ex governatore della Puglia costituiscono la base per la rifondazione di Forza Italia e del centro-destra. Fitto non nomina Silvio Berlusconi né Matteo Salvini. E rifiuta di ragionare su “registi e centravanti” della futura aggregazione conservatrice.
L’unica figura di spicco del conservatorismo che torna a citare al termine del proprio intervento è proprio la Lady di Ferro: “I voti non cadono dall’albero con un colpo di fortuna ma vanno raccolti, meritati e conquistati uno a uno ogni giorno”.