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Matteo Salvini, dalla destra dei no al centrodestra dei sì

È ormai diventato il tormentone di fine anno: potrà Matteo Salvini prendere le redini del centrodestra ed ergersi a leader di opposizione contro Matteo Renzi?

La domanda, sebbene un po’ retorica e triviale, spedisce la freccia nel bersaglio. La situazione politica italiana vede ormai un elettorato complessivo molto refrattario ad andare a votare e vede ormai soltanto gli entusiasti di Renzi credere ancora dell’utilità del recarsi alle urne. Per questo anche le recenti amministrative hanno visto consumarsi una vittoria a mani basse del centrosinistra. Il Premier, non a caso, ha dichiarato che l’astensione non è un problema particolare. Non lo è, infatti, certamente per lui, perché ha davanti un’opposizione che applica a se stessa il non expedit, vale a dire si autocensura e preferisce rimanere a casa, fuori dai giochi, piuttosto che votarlo. È vero che nelle democrazie moderne il fenomeno assenteistico non costituisce un dramma, specialmente in tornate locali intermedie, ma non si tratta mai in ogni caso di un segnale democratico incoraggiante, sebbene, evidentemente, sia sempre  vantaggioso per alcuni.

La questione nello specifico rimpalla il problema al centrodestra, ossia a quell’area politica che dovrà mettere in campo, prima o poi, una credibile alternativa al PD, ma che in questo momento invece si vede compressa e depressa da tante difficoltà: assenza di leadership, prima di tutto, e scarso entusiasmo.

Nel marasma agonizzante, Matteo Salvini avanza consensi, con le proprie idee politiche dure e refrattarie ad ogni concessione democratica. Com’è stato notato, abbiamo da quella parte una destra nuova, non più regionalista ma nazionale, che tuttavia si oppone ad ogni concessione reale o presunta ad altre finalità: no alle tasse, no all’Europa, no al governo, no, no e poi ancora no, a tutto e a tutti.

Non si deve immaginare che questa diagnosi getti discredito sulla legittimità di Salvini e della nuova Lega a fare così. È vero esattamente il contrario. La potenza della loro politica è la chiarezza e la modalità chiusa e drastica di affrontare le difficoltà oggettive del Paese, opponendosi a formule bizantine ibride, retoriche, raffinate e troppo sottili per cogliere il disagio della gente. Seguendo Massimo Cacciari possiamo osservare che il fenomeno Salvini nella sua trivialità era strano che non ci fosse anche in Italia, visto che esiste un po’ dappertutto nel mondo.

La singolarità del nostro Paese oggi non è costituita, a ben vedere, da Matteo Salvini ma semmai da Matteo Renzi, il quale lotta con la sinistra del suo partito, sindacalistica, autoreferenziale e anti moderna, per normalizzare una proposta progressista che prospera della mancanza di un centrodestra normale, o se piace di più, di un progetto democratico e conservatore che possa rappresentare la mentalità comune, i piccoli interessi imprenditoriali, le partite iva, le classi popolari, e così via.

La forza di Renzi, in definitiva, sta nel fatto non che vi è a destra solo Salvini, ma nel fatto che quei ceti normalmente non progressisti o votano per lui oppure non votano per niente.

Ecco allora la domanda vera: immaginare un centrodestra popolare è possibile oggi? E se sì, lo può incarnare una guida politica come quella di Salvini?

La mia risposta è che un movimento popolare in Italia non solo è possibile ma è assolutamente necessario, forse proprio perché, in questo momento, stenta a vedersi. È necessario che emerga, sia che collabori con Renzi e sia che vi si opponga. È necessario perché manca completamente non nelle iniziative ma nella pratica effettiva la praticabilità di molte delle riforme che il governo sta tentando di fare, non da ultimo quella sul lavoro, e che perciò la sinistra riesce a portare avanti solo in parte e faticosamente, al prezzo di scollarsi dal proprio elettorato tradizionale. Stare in Europa, starvi rafforzando la propria presenza soggettiva di Paese, tutelare i risparmi, garantendo liquidità e investimenti, allacciare un legame atlantico serio, collegare il Paese ai nuovi equilibri internazionali con politiche che non possono essere fatte né dal PD né dalla Lega, tutto questo dovrebbe essere al centro di una prospettiva moderata e del suo programma.

All’Italia manca, ad esempio, un serio rapporto politico con gli Stati Uniti, perché di fatto è privilegiata di continuo la subalternità alla Germania o la grande passione russa.

Una considerazione del genere spinge a ragionare di nuovo su Salvini. La personalità nell’uomo c’è, e, indubbiamente, anche lo spazio politico. La ragionevolezza di alcune sue proteste esiste. È assente però completamente la capacità di trasformare i no che egli sbandiera nei sì di una propositiva e spendibile politica estera. L’Italia non può affidare il suo destino al Fronte Nazionale, sebbene anche lì vi sia l’espressione di una sofferenza reale. Noi non abbiamo bisogno di enfatizzare i problemi ma di risolverli bene e subito. Una cosa è dire cose giuste in modo greve e populista, altra cosa è trasformare esigenze vere e corrette in una politica che se ne faccia carico a livello democratico e repubblicano. Le due cose non possono essere separate ma neanche identificate.

Di qui la strada unica che il centrodestra dovrebbe percorrere, lavorando sul senso della nazione e sul senso dello Stato democratico, non uno senza l’altro. Si lasci fare a Salvini il suo mestiere, e si lavori per coagulare un’area importante, quella di Forza Italia e del NCD, che ha – o dovrebbe avere –  visione liberale, buona sensibilità culturale e soprattutto condivide i fondamenti umanistici della tradizione cattolica, recentemente ribaditi da Papa Francesco a Strasburgo e ad Ankara.

La risposta che deve essere data a Salvini da parte moderata è semplice: il suo interesse concreto per i cittadini italiani è giusto, non senza coniugare quelle esigenze che sono di tutti noi (sicurezza, defiscalizzazione, rafforzamento delle libertà comunitarie) in un quadro universale di valori umani che abbracci riferimenti più ricchi di contenuto e più civili: dignità di ogni persona umana, famiglia, bene comune, integrazione, eccetera.

Tenere insieme queste due istanze significa tenere unito l’universale e il particolare, diritti complessivi, con corrispondenti doveri, e diritti particolari, bene comune e beni particolari, comunità e società. In una parola unificare il centrodestra,  vale a dire far diventare i no della Lega i sì di una proposta autenticamente democratica e vincente.

È vero: forse ormai non si può ignorare Salvini. Ma l’Italia, comunque, merita di più e, soprattutto, non può rinunciare alla democrazia.


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