Il tiro alla fune tra il diritto all’oblio in Rete e quello ad essere informati procede tra richieste di rimozione ai colossi digitali, Google in primis che ha creato un comitato consultivo ad hoc, plausi per quanto ottenuto dalla Corte di Giustizia europea e messe in guardia da parte di esperti del settore.
Ecco come avviene l’eventuale rimozione delle informazioni, quali sono le aziende coinvolte e il ruolo giocato in Italia dall’Autorità garante per la privacy.
LA SENTENZA
Lo scorso 13 maggio la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che è diritto dei cittadini europei richiedere ai motori di ricerca online l’eliminazione dalle loro pagine dei risultati di link che rimandino a “contenuti non più rilevanti” che li riguardano, inclusi documenti legali.
Intervenendo sul diritto all’oblio, il vice presidente della Commissione Europea Andrus Ansip ha invitato però a considerare la sua esistenza “come eccezione”: è più importante che le informazioni pubbliche restino tali, in nome del diritto all’informazione.
Più drastico è stato invece Tim Berners Lee, l’inventore del World Wide Web, che a LeWeb, la tre giorni parigina dedicata alle startup del settore tecnologico, ha spiegato che rimuovere informazioni false è corretto, ma lo stesso non può dirsi per quelle vere, importanti sia per la libertà d’espressione, sia per la memoria storica.
COSA PREVEDE IL DIRITTO ALL’OBLIO
Dalla sentenza sul diritto all’oblio, Google è tenuta a dare un riscontro alle richieste di cancellazione, dai risultati della ricerca, delle pagine web che contengono il nominativo del richiedente. Nel tentativo di stabilire un equilibrio tra il diritto alla privacy e quello ad essere informati, il colosso deve valutare di volta in volta vari elementi: l’interesse pubblico a conoscere la notizia, il tempo trascorso dall’avvenimento, l’accuratezza della notizia e la rilevanza della stessa nell’ambito professionale di appartenenza.
I NUMERI
Da giugno Google ha rimosso 208mila link dai risultati del suo motore di ricerca, a fronte di 602mila richieste. La società ha negato 294mila richieste di rimozione e deve ancora decidere su poco meno di 100mila richieste.
LE PRIME SEGNALAZIONI AL GARANTE
Gli utenti italiani, di fronte ad un eventuale diniego di Google, possono rivolgersi al Garante per la privacy o all’autorità giudiziaria.
Le segnalazioni e i ricorsi pervenuti al Garante, e di cui l’Authority dà notizia in una nota, riguardano la richiesta di deindicizzazione di articoli relativi a vicende processuali ancora recenti e in alcuni casi non concluse.
“In sette dei nove casi definiti il Garante non ha accolto la richiesta degli interessati, ritenendo che la posizione di Google fosse corretta in quanto è risultato prevalente l’aspetto dell’interesse pubblico ad accedere alle informazioni tramite motori di ricerca, sulla base del fatto che le vicende processuali sono risultate essere troppo recenti e non ancora espletati tutti i gradi di giudizio”, ha spiegato l’Autorità.
LE SEGNALAZIONI ACCOLTE
Al momento l’Autorità garante per la privacy ha accolto la richiesta dei segnalanti solo in due casi, per i quali ha prescritto a Google di deindicizzare le url segnalate.
Nel primo, “perché nei documenti pubblicati su un sito erano presenti numerose informazioni eccedenti, riferite anche a persone estranee alla vicenda giudiziaria narrata. Nel secondo, perché la notizia pubblicata era inserita in un contesto idoneo a ledere la sfera privata della persona”, si legge in una nota del Garante che spiega le ragioni di ciò in violazione delle norme del Codice privacy e del codice deontologico che impone di diffondere dati personali nei limiti dell’“essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico” e di non descrivere abitudini sessuali riferite a una determinata persona identificata o identificabile.
COME SI STANNO MUOVENDO YAHOO E MICROSOFT
Per gestire la linea dettata dall’Unione Europea si stanno muovendo anche Yahoo e Microsoft. “Valuteremo attentamente ogni richiesta con l’obiettivo di bilanciare il diritto dei cittadini alla privacy con il diritto all’informazione”, ha detto un portavoce di Yahoo secondo quanto riportato dal Wsj. Dichiarazioni simili sono venute da Microsoft: “Il nostro obiettivo è trovare un equilibrio soddisfacente tra l’interesse individuale alla privacy e l’interesse pubblico nella libera espressione”.