“Nel 2014 è stata compiuta in Italia una rivoluzione copernicana, grazie al mutamento del ritmo della politica in tutti i campi cruciali: istituzioni, lavoro, giustizia, educazione”. Il messaggio lanciato da Matteo Renzi ieri nella conferenza stampa di fine anno sprigiona fiducia e ottimismo per il futuro.
Per capire se e in che modo le parole del premier trovino riscontro negli interventi promossi dal governo e se possano rivelarsi efficaci nell’offensiva riformatrice preannunciata dal leader del Partito democratico, Formiche.net si è rivolta a Claudio Velardi, fondatore (renziano) de Il Rottamatore ed esperto dei rapporti tra lobbying e comunicazione istituzionale.
“Meno leggi, più riforme”. Lo slogan utilizzato dal Presidente del Consiglio è fondato alla luce delle realizzazioni del governo?
Il tono tranquillo e sicuro del premier rappresenta un buon segnale in sé. Poi vediamo se vi è corrispondenza con la realtà. Ma poiché la conferenza stampa di fine anno è l’occasione per trasmettere messaggi importanti per favorire la rinascita del nostro Paese, resto piuttosto confortato. Purtroppo la stragrande maggioranza degli interrogativi rivolti dai giornalisti vertevano sulla politica politicante che non interessa ai cittadini. Le altre domande erano palesemente faziose, o non toccavano i punti veri su cui mettere in difficoltà Renzi.
A quali temi fa riferimento?
Ai provvedimenti riformatori avviati dal governo e in ritardo a causa dei conservatorismi di Parlamento e burocrazia. Avrei chiesto al premier in quali casi le misure realizzate abbiano subito modificazioni e arretramenti in corso d’opera. E lo avrei spronato sull’alienazione del patrimonio immobiliare pubblico, sul taglio e accorpamento delle aziende partecipate dalle amministrazioni locali, sulle privatizzazioni di quote azionarie del Tesoro in imprese strategiche come Ferrovie e Eni. Temi che sono stati appena sfiorati.
Perché tanta prudenza a fronte di un calendario frenetico di interventi innovatori?
Si tratta di riforme liberali che Renzi vuole realizzare. Ma che vengono avversate da gran parte della società italiana: organizzazioni sindacali, burocrazia, magistrati che rifiutano di agire esclusivamente tramite l’attività giudiziaria e le sentenze. Penso poi al superamento degli ordini professionali compreso quello dei giornalisti, cui il premier ha alluso in forma non troppo velata. Una stampa preparata avrebbe potuto incalzare il capo del governo su tutto ciò.
E non l’ha fatto?
No. Evidentemente vi è poco da rimproverare al governo riguardo la direzione di marcia. Ed è il motivo per cui Renzi resta molto popolare oltre che privo di alternative politiche. Al punto che può permettersi di affermare “Meglio arroganti che disertori”. Penso che sarà così per molto tempo, perché il premier ha una marcia in più rispetto al resto del panorama politico. Adesso che si accinge a lasciare l’altro punto di equilibrio istituzionale come Giorgio Napolitano, possiamo restare sereni sulla sua tenuta.
Torniamo ai contenuti. Il premier prospetta un modello anglosassone nel rapporto tra fisco e contribuenti. Ma non preannuncia interventi contro l’oppressione tributaria su famiglie e imprese.
È vero. Ritengo tuttavia che quest’anno il premier non avrebbe potuto fare di più.
È giusto escludere le riforme previdenziali richieste dal nuovo presidente dell’Inps Tito Boeri?
Mi sembra che l’ottima riforma Fornero abba reso solido il sistema, nonostante i problemi di riequilibrio finanziario legati all’invecchiamento della popolazione.
Renzi ha chance di successo nella sfida per la crescita economico-sociale dell’Unione Europea?
Una delle iniziative ben condotte dal governo prima e nel corso del semestre di presidenza dell’Ue è stata la promozione culturale dell’allentamento dei vincoli di bilancio comunitari per gli investimenti produttivi. Ma da liberale-liberista reputo preferibili gli interventi di taglio della spesa pubblica e delle tasse per favorire lo sviluppo.
Renzi ha richiamato Al Pacino nel film “Ogni maledetta domenica” per affermare la necessità del provare con tutta l’energia a far risorgere l’Italia contro i conservatorismi corporativi.
È un’immagine forte. Il premier deve convincere un paese profondamente depresso, e che non cresce da vent’anni, a credere in se stesso. A nutrire fiducia nelle proprie capacità e talenti, non nei politici, negli imprenditori, nei magistrati. È uno sforzo micidiale. Se soltanto riuscisse in tale impresa, bisognerebbe fargli un monumento. Anche prima di cacciarlo.
Renzi non teme incursioni giudiziarie nella prossima elezione del Presidente della Repubblica.
Sinceramente neanche io. Rivendicando l’autonomia e il primato della politica, il Presidente del Consiglio ha affermato che le istituzioni elette dai cittadini non si lasceranno influenzare dalla magistratura. È un messaggio di serenità e forza che può limitare il protagonismo mediatico di esponenti del potere giudiziario. Peraltro negli ultimi tempi, a parte punte di estremismo settario, le toghe hanno assunto toni più sobri. Certo, vi sono Procure lacerate da feroci scontri interni. E vi è l’Anm che deve pubblicare i propri comunicati.
Nella conferenza stampa non sono mancati scambi polemici coni giornalisti. Non è singolare che il 2014 veda l’uscita dalle edicole del quotidiano Europa, percepito come “la testata del Pd di Renzi”?
Europa è il giornale che ho prediletto negli ultimi anni, per la qualità e l’autonomia di chi vi scrive. Mi spiace che sia costretto a interrompere l’edizione cartacea. Ma resto contrario a testate finanziate dallo Stato e non in grado di misurarsi sul mercato. Come ha affermato giustamente il premier, il mondo editoriale e informativo ha subito colossali trasformazioni e deve accoglierle con spirito costruttivo. È un peccato che tutto ciò cominci dal quotidiano fatto meglio, rispetto a realtà che chiuderebbero domani in assenza dei contributi pubblici.