La partita vera del Quirinale ormai è aperta, anche se i tempi sono ancora lunghi e il percorso solo all’inizio. In tutti i partiti sono in corso trattative interne finalizzate ad evitare, anzitutto, l’enorme collasso del sistema consumatosi in aula nel 2013.
Un passo importante, nella definizione delle alleanze, è stato indubbiamente l’incontro avvenuto ieri a Milano, nei pressi della Prefettura, tra Berlusconi e Alfano. Al centro dei colloqui non ancora l’indicazione di un nome unico, ma la definizione di un metodo che possa dare risultati effettivi nella conta finale dei grandi elettori.
Il presidente di Forza Italia ha concordato nel concreto con il ministro degli Interni la volontà di arrivare ad un presidente di garanzia, vale a dire non espressione di una sola parte. E, cosa di primaria importanza, il passo decisivo sarà lavorare per rafforzare la compattezza dell’area moderata che associa NCD, Forza Italia e UDC al Partito Popolare Europeo.
I due nomi usciti sono quelli di Amato e di Casini, il primo di matrice laica e il secondo cattolica. Ma è soprattutto su quest’ultimo che si concentrano realisticamente le maggiori speranze, in ragione di una storia politica coerente, di un’indubbia esperienza istituzionale e di un’età giusta.
A ben vedere, la candidatura di Casini, oltre al pregio immediato di accelerare la tanto auspicata riunificazione delle forze moderate di centro e di centrodestra, essendo uno dei suoi fondatori, darebbe solide certezze future anche al percorso delle riforme, avviato con il Patto del Nazareno, allontanando l’incubo del ritorno alla contrapposizione frontale muro contro muro del passato.
Casini, d’altronde, si è formato nella Democrazia Cristiana di Forlani e conosce bene come gestire abilmente la complessità della nostra politica, ha percorso la stagione drammatica dalla prima alla seconda Repubblica senza rompere la continuità con quella linea centrista che dal dopoguerra in poi ha garantito unità, libertà, democrazia e prosperità al Paese. Egli, inoltre, è stato tra i costruttori del centrodestra come lo abbiamo conosciuto nei primi anni dell’era Berlusconi, sapendo prenderne le distanze al momento giusto e mantenendo sempre un dialogo aperto con la sinistra.
Da questo punto di vista si può dire che la candidatura di Casini non è per niente un’eresia. Anzi, permette nell’immediato, cosa già accaduta ieri, di semplificare le geometrie degli schieramenti, garantisce un settennato di equilibrio e promette il recupero di un autentico spirito nazionale.
In fin dei conti, la presenza al Colle di un inquilino giovane, ma di lungo corso, con la collaudata esperienza politica di presidente della Camera, non inviso al PD ma legato al mondo cattolico è la scelta di un’Italia ancora in grado di guardare a se stessa, con tutti i partiti che, a ben vedere, decidono di affidare quel ruolo di garanzia che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica a chi può svolgerlo ora in modo più rappresentativo e meno fazioso.
Casini, in definitiva, sarebbe il presidente giusto al posto giusto, non solo per la politica, ma anche per gli italiani, offrendo oggi la soluzione che tutti cercano e domani quella che tutti comprenderebbero.