Il metodo di Renzi è politicamente discutibile e il fatto che la grandissima parte dei suoi interlocutori in questi mesi si sia sentito o si senta gabbato la dice lunga sulle solidarietà che il premier sta bruciando sulla sua strada.
Fatta questa premessa, non si può negare la sua vittoria ed il fatto che questa sia basata sulla scelta di un nome irreprensibile e di altissima caratura. Non partecipare al voto da parte di Berlusconi sarebbe stato uno strappo inutile e privo di senso politico. Idem sarebbe stato per una scelta di scheda bianca da parte di Ncd. Non si può scambiare la elezione del presidente della Repubblica con un derby nei partiti o fra le coalizioni.
Certo, si tratta di una vicenda politica a tutto tondo ed è chiaro che i gruppi parlamentari prendono in esame tutti gli aspetti, anche interni, che il loro voto determina. Quando si arriva però alla formulazione di un nome del livello e della storia di Sergio Mattarella – se ci si considera parte della famiglia Popolare europea – bisogna avere il buon senso di fermarsi e rispettare una indicazione che, per quanto maturata (male) nell’ambito del Pd, non può essere considerata faziosa.
Il nuovo Capo dello Stato per prima cosa è andato alle Fosse Ardeatine. Fosse stato eletto Casini, il primo omaggio sarebbe stato all’Altare della Patria. Non sfugge la differenza culturale fra due democristiani, uno di sinistra e l’altro più dentro la tradizione del centrodestra.
Non si tratta però di un fossato, anzi. Casini stesso, che pure era il candidato alternativo, lo sa bene e lui stesso ha lavorato per far convergere i suoi supporter sul nome di Mattarella. L’esigenza di unire il Paese e di ricostruire piattaforme partitiche ancorate a una solida e contemporanea cultura politica resta intatta e se è valida come premessa per il sostegno al governo Renzi tanto più vale per il Colle.
Forza Italia e Ncd vivono un momento di grande difficoltà. Le contraddizioni sono ormai incontenibili e sono basate – disgraziatamente – sullo scontro dei diversi egoismi. Dare addosso ad Alfano e allo stesso Berlusconi per aver preso, seppur tardi, la decisione più saggia è facilissimo ma francamente non sostenibile o credibile.
Chi si dice di centrodestra deve scegliere se avere un profilo “popolare” (alla Casini) o un profilo “populista” (alla Salvini). Tertium non datur. Pensare di fare lo slalom, spesso contromano, solo per inseguire il proprio interesse particolare è suicida: gli elettori non sono così stupidi da non riconoscerlo e punirlo.
Adesso abbiamo un ottimo Presidente della Repubblica. La forza usata dal premier è premessa di una debolezza futura. La costruzione di un’alternativa, come tutta l’azione politica degna di questo nome, richiede però tempo, pazienza e coerenza. Per ora, forse, sarebbe meglio che i cultori del centrodestra si diano una calmata e tornino a fare politica. Seriamente. Senza ridicole fatwe.