La radicale riforma delle 10 più importanti banche popolari italiane promossa dal governo continua ad alimentare critiche tra analisti e responsabili degli istituti creditizi territoriali-mutualistici.
Il premier Matteo Renzi ha più volte ricordato come la loro trasformazione in società per azioni rientrasse nella filosofia delle iniziative intraprese dalle istituzioni comunitarie. Ed era inevitabile che il confronto polemico approdasse nel Parlamento europeo, il cui vice-presidente Antonio Tajani – rappresentante di Forza Italia – ha presentato un’interrogazione sul tema alla Commissione Ue.
Tajani, perché l’interrogazione parlamentare?
Ho voluto evidenziare due problemi. Da un lato le speculazioni finanziarie effettuate in Borsa sui titoli azionari delle banche popolari nei giorni a ridosso dell’annuncio del provvedimento governativo. Fenomeni già denunciati dal presidente della Consob Giuseppe Vegas. E che configurano il reato di “abuso di notizie e informazioni privilegiate” su cui la Procura di Roma ha aperto un’indagine.
Cosa contesta a Palazzo Chigi?
Non si può far trapelare far trapelare sulla stampa una decisione così rilevante, in tempo utile perché vengano compiere operazioni ritenute “anomale”. Ed è giusto che la Commissione Ue accerti l’eventuale violazione del diritto comunitario.
E l’altro problema?
È la modifica di un modello bancario che ha sempre avuto un rapporto profondo con il territorio. Se vogliamo trasformare tutti gli istituti in moloch che considerano i cittadini come un numero, ci muoviamo verso una visione tecnocratica e burocratica del ruolo del credito. Nessuno è contro le operazioni finanziarie e l’erogazione di risorse alle grandi aziende. Ma non possiamo eliminare la funzione storica delle Popolari e delle banche di credito cooperativo.
Non era necessario innovare un assetto troppo cristallizzato?
Una riforma andava realizzata. Ma perché promuovere un decreto legge? E per quale ragioni porre il limite di 8 miliardi di attivo per la trasformazione del regime giuridico delle Popolari, visto che nell’Unione Europea il paletto è fissato a 30 miliardi?
La battaglia a difesa dell’assetto tradizionale delle banche mutualistiche e territoriali può costituire un punto unificante per una rinnovata alleanza di centro-destra?
Riguardo al tema tutte le forze di centro-destra si sono rivelate molto sensibili. E la mia iniziativa ha trovato grande ascolto e supporto nel Partito popolare europeo.
Ma il leader della Lega Nord Matteo Salvini parla di “grandi difficoltà ad allearsi con chi sta nel Ppe”.
Non accetto la logica dei diktat. Noi non imponiamo a nessuno di aderire al Partito popolare europeo. Ma nessuno può chiederci di rinunciare alla nostra identità. Il Ppe non l’ha fondato Angela Merkel. Esso richiama i valori dell’economia sociale di mercato e della sussidiarietà. Tuonare contro questa formazione si traduce nei fatti in un appoggio a Matteo Renzi. Vuol dire far vincere il Partito socialista europeo. La Lega Nord cerca la pagliuzza negli occhi degli altri, mentre non vede la trave nei propri. Risolva piuttosto i tanti problemi interni. E poi ognuno raccolga i propri consensi nella sua area di riferimento.
Forza Italia non è seconda a nessuno quanto a problemi interni…
Non voglio partecipare alle polemiche intestine a Fi. Ritengo che la minoranza capitanata da Raffaele Fitto debba rispettare le scelte della maggioranza del partito. Ma sinceramente fatico a comprendere le differenze di linea politica tra le due parti in campo.
L’ex governatore della Puglia propone la celebrazione di primarie per il ricambio della classe dirigente “azzurra”.
Alla luce delle esperienze che hanno coinvolto il Partito democratico in Liguria, Lazio e Campania nutro forti riserve su consultazioni del genere. Così come organizzate in Italia, non funzionano. Mi interessa invece un confronto costruttivo per un’alternativa di valori credibile rispetto alla sinistra.
Dall’osservatorio di Strasburgo che bilancio trae del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea?
Ritengo un errore averlo caricato di grandi aspettative. Anche l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano ha contribuito ad alimentarle. Mentre era fin troppo evidente che sarebbe stato un periodo molto complesso, a causa dell’avvio delle nuove istituzioni comunitarie. Peraltro la guida dei singoli Stati nazionali è divenuta una routine da quando è stata costituita la presidenza fissa del Consiglio dei Ministri Ue. L’Italia poi ha rinunciato ha mettere in campo strategie mirate per promuovere il proprio made in e la proiezione internazionale di Expo 2015. Il governo Renzi è stato assai deludente al riguardo.
E adesso deve subire la nomina di Michel Barnier a consigliere speciale per la politica europea di sicurezza e difesa.
La scelta rappresenta un arricchimento per l’intera Commissione Ue.
Ma il ruolo di Federica Mogherini non ne esce ridimensionato?
L’errore del premier è stato puntare sull’incarico di Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea. Figura che non ha svolto alcuna mediazione nella crisi russo-ucraina. E non ha trattato con Mosca e Washington. Il vero responsabile in materia è il presidente del Consiglio dei Ministri Ue Donald Tusk, oltre agli Stati nazionali. Non è un problema legato a Mogherini, perché chiunque avrebbe incontrato difficoltà in quel ruolo. Ma era preferibile ottenere un portafoglio economico come il Commercio internazionale. Per puntare sulla realizzazione del Trattato di libero scambio transatlantico, molto più prezioso per le imprese italiane.