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Chili, cosa manda a dire Parisi a Telecom (su Sky e dintorni)

Interessante ma non rivoluzionario. Stefano Parisi, ex direttore generale di Confindustria, per molti anni amministratore delegato di Fastweb ed ex presidente di Confindustria digitale, ora fondatore e presidente di Chili, la prima piattaforma italiana di video on demand, commenta così la scelta di Telecom Italia e di Sky di allearsi per portare i canali di Murdoch nelle case degli italiani attraverso la rete fissa e mobile del gruppo presieduto da Giuseppe Recchi e guidato dall’ad, Marco Patuano.

A differenza dei suoi competitor, Parisi però non teme Netflix: “Sarà il benvenuto. Non vedo l’ora”, dichiara in una conversazione con Formiche.net. E non perde occasione per fare le avances a Patuano…

COSA C’E’ DI NUOVO IN SKY TIM

Da ieri i vecchi e i nuovi utenti di Telecom Italia potranno decidere di aggiungere all’offerta di rete fissa ed Internet quella dei 150 canali Sky. Senza parabola e con un’unica bolletta. “È interessante perché è un ulteriore dimostrazione della convergenza tra televisione e telecomunicazioni. Quello individuato da Sky e Telecom è uno dei vari business model che si sta sperimentando sul mercato. Ma non si tratta di un’alleanza industriale o tecnologica, è un’alleanza commerciale, non cambia di certo il mercato. Credo si stia dunque enfatizzando troppo il fattore di novità”, commenta Parisi.
“Sky ha già un accordo simile con Fastweb, seppur questa volta non vi sia l’obbligo di parabola – spiega il presidente di Chili -. Ma gli utenti che in Italia non possono installare la parabola sono solo 1 milione – ricorda Parisi – E non è poi la prima volta per Sky, che in Gran Bretagna da molti anni ha la sua offerta su banda larga”.
La vera novità rispetto ad alleanze già avvenute in passato? “È un’alleanza tra due operatori dominanti: Telecom Italia nel settore delle telecomunicazioni e Sky nel settore della televisione satellitare. Stop”.

IN FILA PER TELECOM

Ma dietro le parole pronunciate da Patuano alla conferenza stampa di presentazione della nuova offerta Parisi scorge un altro elemento interessante: “Il fatto che abbia detto che ospiterà altri content provider”, dichiara il presidente di Chili, che, approfittando subito dell’apertura di Patuano, affida a Formiche.net un messaggio per Telecom: “Siamo pronti”.
“Saremo i primi a candidarci per essere presenti su quella piattaforma perché potrebbe raggiungere un numero interessante di clienti ed è per noi importante starci dentro”, aggiunge Parisi.
Purché si rispettino le regole del mercato, dice: “Spero solo che non abusino della loro posizione dominante negando la presenza nella loro piattaforma ad altri content provider”.

LO SCENARIO

Canali in chiaro, tv satellitare, video on demand. Di cosa va alla ricerca il pubblico italiano? “In Italia ci sono due mercati e vanno a velocità diverse verso una televisione nuova, che è quella dello streaming”. E Parisi li riassume così: “Una metà, il 48% delle famiglie, non ha un collegamento internet a casa, né un pc, è ancora solo sulla tv tradizionale, satellitare o digitale. Poi c’è un’altra metà che invece ha internet, ha il pc, il tablet, inizia a comprare una tv smart, e una percentuale ancora molto piccola la connette ad internet”.
Una misura di ciò? “Mentre in Germania e Gran Bretagna il 70% delle tv smart vendute sono collegate ad Internet, in Italia solo il 30% lo è. La percentuale restante compra una tv smart e la usa come una tv normale”, chiarisce Parisi.
Dunque è in corso una transizione dalla TV tradizionale al VOD (video on demand): “Stiamo sperimentando sui nostri clienti che coloro che comprano una televisione smart, la collegano ad internet ed iniziano a vedere film in streaming, consumano molto – racconta l’ex ad di Fastweb-. Perché imparano a vedere la televisione in modo diverso. Creano il loro palinsesto e guardano quei contenuti su Infinity, Chili o su altre piattaforme, qualunque esse siano. Domani anche su Netflix”.

NETFLIX, SPAURACCHIO O SVOLTA

Per molti che ne temono lo sbarco, qualcuno ne sente dunque la mancanza: “Spero arrivi presto anche in Italia, perché la presenza di Netflix accelererà la transizione verso il nuovo mondo, e noi ci siamo già dentro”, commenta Parisi.
“Netflix, dove è presente, ha cambiato la televisione aprendo il mercato del VOD”. Un esempio? “In Danimarca, un Paese di 5,6 milioni di abitanti, il valore del mercato del VOD nel 2014 è 100 milioni, in Italia, che siamo quasi 60 milioni, nel 2014 ha raggiunto 27 milioni”.
Che Chili non tema la presenza di Netflix non si fa fatica a crederlo, visto che negli ultimi anni la società di Parisi che a metà maggio inaugurerà insieme a Samsung il servizio Ultra HD, è andata all’espansione in paesi europei dove il colosso Usa è già presente.
“Stiamo andando in Paesi come la Germina e l’Austria, dove Netflix è già presente e dove non dobbiamo spiegare che cosa vuol dire vedere la tv in streaming, perché la gente è abituata. In Italia stiamo aprendo il mercato noi che non abbiamo risorse per grandi investimenti pubblicitari”.
Perché in Germania e Austria un utente dovrebbe preferire Chili a Netflix? “Perché chi usa Chili non deve pagare un abbonamento, a differenza dei clienti di Netflix, può comprare film molto più recenti, solo tre mesi dopo l’uscita nelle sale“.

C’E’ SPAZIO PER TUTTI

E se a Chili non si teme l’arrivo di Netflix, almeno secondo Parisi, figurarsi la convivenza con servizi vod già presenti, Tim vision, Infinity, iTunes, solo per citarne alcuni.
“Dal punto di vista del numero dei clienti siamo la prima piattaforma italiana, abbiamo 440 mila clienti, e dalle dichiarazioni fatte dagli altri, sappiamo che le altre piattaforme non arrivano a questi numeri. Ma il nostro mercato è in grande crescita. Oggi il VOD in Italia vale 30 milioni di Euro, quanto valeva in Gran Bretagna nel 2009. C’è spazio per tutti”, spiega Parisi.

IL PUNTO DI FORZA

La vera forza di Chili in Italia? “Noi siamo gli unici indipendenti, gli azionisti di CHILI sono i manager, il Dondo di Privat Equity Antares e dei privati investitori, il nostro core business è il VOD”. E gli altri? “Tim vision è un’applicazione che è parte di Telecom Italia, il cui core business sono le telecomunicazioni, tanto è vero che fa un accordo con Sky, facendo concorrenza a Tim Vision, Infinity è di Mediaset, e il gruppo non può perdere di vista Mediaset premium, lo stesso accade a SkyOnline. Il loro core business sono le offerte premium lineari.”

I DUE MAGGIORI VERI RIVALI

Sul cammino di Chili, e non solo, ci sono ostacoli ben più rilevanti. “Il nostro vero concorrente è la pirateria. Ma non danneggia solo noi – racconta Parisi -. Si tratta di un fenomeno molto diffuso in Italia, sicuramente il nemico numero uno dell’intero mondo della cultura. Purtroppo dalle misure fino ad adesso adottate contro la pirateria non si sono ottenuti molti risultati, speriamo in un’azione più aggressiva di AGCOM e una maggiore promozione dell’offerta legale. Ancora oggi i siti che offrono illegalmente i film sono finanziati dalla pubblicità e sono presenti come prima scelta nei motori di ricerca. C’è ancora molto lavoro da fare”.
Per spiegare un altro problema con cui le piattaforma di download e streaming digitale come Chili devono confrontarsi ogni giorno, Parisi fa un paragone con gli Usa:
“Una piattaforma americana simile a Chili, che dovesse nascere oggi, ha a un mercato di 100 milioni di smart tv connesse e deve gestire una sola lingua: l’inglese. Noi che abbiamo l’ambizione di diventare una piattaforma europea, il nostro mercato domestico è fatto da 40 milioni di tv connesse con più di 30 lingue”.
Detto altrimenti: “Una piattaforma europea deve fare singoli contratti con i produttori e distributori per ogni paese, deve gestire le attività di di encoding ed encryption, ovvero della digitalizzazione e della protezione dei contenuti, in 30 lingue diverse. Tutto questo ha un costo a cui si deve aggiungere la differente pressione fiscale”, racconta il fondatore di Chili che aggiunge:
“Se c’è una volontà politica dell’Europa di far decollare delle piattaforme europee in grado di competere con le grandi piattaforme americane deve trovare delle soluzioni sia dal punto di vista regolatorio che fiscale, per ridurre gli handicap che una piattaforma europea ha rispetto ad una americana.
Ad esempio?
“Dovremmo avere sul mercato interno per l’audiovisivo delle condizioni di circolazione dei contenuti analoghe quelle delle merci. Perché non consentire agli italiani che hanno comprato un film in Italia, di poterlo vedere ovunque in Europa? Perché non consentire ad un cliente polacco di comprare e vedere un film dalla sua piattaforma polacca anche se è fuori da suo paese? Oggi un cliente di CHILI non può farlo”, conclude Parisi.


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