Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, pubblichiamo l’articolo di Gianfranco Morra uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi
Una valutazione non partigiana della nuova legge elettorale deve partire da due premesse. In primo luogo che non ne esistono di perfette, sono tutte regolamentazioni relative e provvisorie, da provare, modificare, sostituire. Esse nascono tutte dalla necessità di far convergere due esigenze fra di loro conflittuali, la rappresentatività degli eletti e l’efficienza delle istituzioni (parlamento e governo). Solo la proporzionalità è consona alla democrazia: tutti egualmente rappresentati e nessuno escluso.
Purtroppo, col metodo proporzionale puro, nascono parlamenti e governi deboli e inefficienti: se il partito vincitore non raggiunge la maggioranza assoluta, deve cercarla alleandosi con i molti partiti minori, sempre pronti a far cadere il governo (Berlusconi e ne sanno qualcosa). Ecco perché il proporzionale puro è assai raro nei paesi democratici e viene corretto con espedienti vari: soglia di rappresentanza, secondo turno fra i più votati, premio di maggioranza.
In secondo luogo la legge elettorale viene decisa da coloro stessi che ne avranno vantaggi o svantaggi: un evidente e purtroppo insuperabile conflitto di interessi. La prima finalità è sempre l’utilità del proprio partito, della propria corrente e anche della propria poltrona, mistificato come difesa del parlamento e della democrazia.
Ma l’Italicum, senza essere un toccasana, renderà meno accidentata l’attività delle istituzioni? Va subito detto che la legge entrerà in vigore tra un anno, a trasformazione avvenuta (si spera) del Senato. Dato che l’assegnazione diversa del premio di maggioranza tra i due rami del parlamento provoca instabilità e crisi. Esso si regge su pochi punti fondamentali.
1. Il premio porta ad avere 340 seggi, direttamente (col 40 % dei voti) o per ballottaggio, una maggioranza assoluta che non va alla coalizione, ma al partito. Il “mercato” forse continuerà, ma un po’ meno, gli apparentamenti tra i due turni non saranno più possibili. Questa correzione del proporzionale esiste in alcuni paesi europei e in Italia è prevista nelle elezioni regionali e comunali; il suo scopo è quello di accentuare la stabilità.
2. Questo premio cospicuo ha reso inutile una forte soglia di rappresentanza (scesa dall’8 al 3 %). L’Italicum è più proporzionale del Porcellum. La Germania mantiene il limite al 5%, che, per molti decenni, le è servito a mantenere un bipartitismo dell’alternanza tra socialisti e popolari; oggi non appare più sufficiente, in quanto il sistema politico ha visto la nascita di nuovi partiti (verdi, estrema sinistra, antieuropeo). La Merkel è stata costretta alla “grande coalizione”. Segno evidente che il premio di maggioranza è più efficiente della soglia di rappresentanza.
3. Le candidature ai seggi sono da sempre scelte dai partiti, i quali non possono non tener conto del giudizio dell’elettorato sull’onestà e competenza dei candidati. Difficile pensare a un metodo diverso. Occorre tuttavia impedire o meglio limitare gli abusi. Le liste chiuse del Porcellum, queste graduatorie di protetti dalle segreterie, andavano cancellate, anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale. Per garantire il rapporto tra candidati ed elettori vi sono sistemi diversi: il collegio uninominale della tradizione anglosassone, il doppio turno in Francia, una ridotta estensione territoriale dei collegi in Spagna.
L’Italicum ha scelto una via mista: da un lato l’aumento dei collegi a 100 e l’introduzione di due preferenze bisex, dall’altro l’evidente privilegio dei capolista, tutti automaticamente eletti e presenti anche in 10 collegi (prima non c’era questo limite). Un tributo alle segreterie dei partiti, che si assicureranno deputati fedeli alla “ditta”. Una decisione che lascia perplessi, anche se qualcosa di analogo c’è in Germania, dove metà dei deputati viene eletta con candidature uninominali (Erststimme), mentre l’altra con liste fisse decise dal partito (Zweistimme).
Ma stracciarsi le vesti per la riserva di 100 posti ai big del Pd, come hanno fatto anche i parlamentari della minoranza del Pd, da D’Alema a Letta e alla Bindi, è per lo meno di cattivo gusto. Tutti loro sono stati eletti proprio per predestinazione partitocratica e nulla hanno trovato da dire. Nel Porcellum i partiti eleggevano automaticamente 630 deputati, nell’Italicum saranno 100 per il Pd: un non insignificante passo in avanti.
Abbiamo una legge un po’ migliore della precedente. Ma più della legge conta lo spirito dei politici, la loro vocazione e onestà. Di cui, in un anno di capziose e speciose discussioni sull’Italicum, non abbiamo avuto molti segni. La votazione conclusiva ha aggiunto un tocco di comicità, forse inevitabile e anche richiesto dal sentimento italico. L’abbandono della Camera da parte dei partiti di opposizione è servito ad accusare la maggioranza di autoritarismo: “Ha fatto votare una legge in un’aula vuota” – un vuoto non voluto dal Pd, ma da quegli stessi che glielo rimproverano.
Intanto teniamoci l’Italicum e cerchiamo di farne l’uso migliore. Come diceva Malraux, non è l’ingegneria elettorale che dà stabilità ed efficienza; anche se, senza di essa, si va ancora peggio.