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Saipem e Tap. Prove tecniche di pax energetica?

Tra gli elementi che motivano i recenti sviluppi della crisi politica ed economica fra l’Unione europea (e gli Stati Uniti) da una parte e la Russia dall’altra sulla questione Ucraina – che è intrecciata in maniera più profonda di quanto appaia con la crisi della Grecia – in prima fila ci sono quelli legati alla questione energetica. Alcuni segnali ne sono indicatori: il primo riguarda il premier greco Tsipras e il presidente russo Putin, che, come riferiscono le agenzie di stampa, durante il secondo weekend di maggio hanno avuto un colloquio telefonico in cui hanno trattato il nodo della cooperazione tra Grecia e Russia nel settore energetico. Il risultato del colloquio è stato comunicato dall’ufficio stampa dell’esecutivo ellenico: la Grecia parteciperà alla costruzione del gasdotto Turkish Stream, destinato a raggiungere l’Europa occidentale senza passare dall’Ucraina portando il gas russo attraverso la Turchia e, appunto, la Grecia. Con Mosca che ha dichiarato di essere pronta a finanziare le imprese greche, pubbliche e private, coinvolte nella realizzazione del progetto.

Un altro elemento che dimostra come la situazione sia ‘fluida’ è la richiesta del governo di Washington di chiedere alla Grecia di accelerare l’attuazione del progetto del gasdotto TAP, che permetterà all’Europa di usufruire delle forniture del gas azerbaigiano e, in linea teorica, di fare a meno del gas russo. In quest’ottica l’inviato speciale del dipartimento di Stato USA per l’Energia, Amos Hochstein, durante la sua recente visita ad Atene, ha discusso con i colleghi greci una serie di questioni legate proprio alle strategie nel campo dell’energia. Hochstein ha sottolineato che mentre la Russia al momento è il più grande fornitore di gas per l’Europa, l’Europa e la Grecia dovrebbero puntare a una diversificazione delle fonti di approvvigionamento, cosa che la Grecia ha già dichiarato di voler fare. Ma Atene considera i rapporti con Mosca come parte di questo processo e non come un ostacolo.

È uno scenario che si intreccia fortemente con gli interessi italiani: i traffici legati alla produzione, all’approvvigionamento e all’utilizzo delle fonti energetiche è quello dei grandi corridoi nord-sud e ovest-est, che vedono l’Italia come un crocevia importante, con coinvolgimento delle nostre aziende di punta. Un caso per tutti: con una nota molto stringata, Saipem ha dichiarato «di aver ricevuto notifica dal cliente South Stream Transport Bv della revoca della sospensione dei lavori e della richiesta perché Saipem riprenda le operazioni per la costruzione del gasdotto offshore nel Mar Nero». Stiamo parlando di un contratto che vale 2,4 miliardi, la cui sospensione aveva provocato il tracollo del titolo Saipem in Borsa. Il semplice fatto che i lavori riprendano non vuol dire automaticamente che il progetto che sarà realizzato sia proprio il South Stream: infatti il primo tratto di  questo gasdotto coincide con quello del progetto alternativo Turkish Stream. Ma poco cambia per Saipem l’essere chiamata a realizzare un progetto o l’altro. Il Governo italiano si è mosso anche sul fronte del gasdotto azerbaigiano TAP, dando poche settimane fa il via libera alla possibilità che possa passare sul nostro suolo, nello specifico in Puglia. Saipem è coinvolta anche nella realizzazione del Progetto SHAZ DENIZ 2, campo offshore da cui verrà estratto il gas trasportato dal gasdotto TAP.

Tutto ciò dimostra, da una parte la qualità delle nostre aziende del settore, dall’altra che è sempre più strategico essere tra i soggetti coinvolti nello sviluppo delle relazioni internazionali nel settore energetico: un fatto che contribuirebbe alla crescita economica del Paese, oltre che al suo prestigio internazionale. Ma servono azioni per consolidare questo ruolo: una delle più efficaci sarebbe contribuire a superare le contrapposizioni, che sono un elemento destabilizzante e un fattore di debolezza sia per l’Europa che per la Russia, che produce effetti negativi soprattutto in un momento di continua recessione.

È importante che questa nuova ‘guerra fredda’ tra l’occidente e il colosso ex sovietico sia superata per costruire una nuova pace europea, che abbia come corollario la definizione del ruolo dell’Ucraina come ponte tra l’Unione Europea e la Russia.

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