“Jeb Bush ha deciso di non firmare the pledge. Un grave errore che potrebbe costargli la sfida con Hillary Clinton”. A parlare è Grover Norquist, il guru anti tasse, il politologo americano che negli anni Ottanta lavorò nello staff economico di Ronald Reagan facendosi interprete della spinta anti-fisco del due volte presidente Usa.
CHI E’ IL GURU ANTI TASSE
Norquist è il fondatore e presidente dell’American for Tax Reform, movimento che si prefigge l’abbattimento della pressione fiscale, e l’inventore del Taxpayer protection pledge. Che altro non è che un impegno, redatto in un documento, in cui il candidato promette solennemente davanti agli elettori di non votare mai alcun provvedimento che aumenti le tasse. Una sorta di contratto con gli elettori (in quel caso furono gli italiani) di berlusconiana memoria, limitato però al contenimento delle imposte.
(CHI C’ERA CON FITTO E CAPEZZONE A SENTIRE NORQUIST. LE SFIZIOSE FOTO PIZZI)
PARLA NORQUIST
“Dopo quella vittoria nel 2001, Berlusconi ha promesso di abolire la tassa sulla casa e questo gli ha consentito di vincere le elezioni anche nel 2008. Ma poi i comuni italiani sono dovuti andare a riprendere quei soldi aumentando altre imposte locali. Quindi, in un modo o nell’altro, l’ex premier non è stato in grado di mantenere quella promessa”, spiega Norquist, invitato ieri a un convegno – dove ha presentato anche il suo ultimo libro – organizzato dai Conservatori e riformisti di Raffaele Fitto e Daniele Capezzone. I fittiani, come programma del loro movimento, vogliono puntare proprio sul non aumento delle imposte, basandosi appunto sul “pledge”.
LE TASSE DA ROTTAMARE
“Negli Usa tante volte hanno predetto la fine del centrodestra o la morte del partito repubblicano” – spiega il politologo a Formiche.net – “ma non è mai andata così. Quell’elettorato ha un unico grande punto in comune: vuole non essere disturbato dallo Stato. Vuole che lo Stato s’intrometta il meno possibile nella sua vita. In primo luogo non chiedendogli soldi per le tasse”. Lo Stato leggero è una sorta di mantra per Norquist. Che lo declina in tutte le latitudini. “Gli elettori di centrodestra vogliono essere lasciati in pace. Anche in Italia è così. Per intercettare i loro voti bisogna promettere meno tasse”.
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IL CAMINETTO DEL MERCOLEDI’
Peccato, però, che il centrodestra nostrano al momento sia molto frastagliato e addirittura un pezzo di esso, l’Ncd, sia al governo con il Pd di Matteo Renzi. “Negli Usa organizzo una sorta di caminetto ogni mercoledì con circa 150 esponenti dei repubblicani e del centrodestra. Discutere tra di noi è il modo migliore per superare le divisioni”, osserva Norquist.
I CONSIGLI DEL GURU AI FITTIANI
Il politologo Usa però dimentica che in Italia sulla scena c’è ancora un personaggio come Silvio Berlusconi. Da cui pure Fitto e i suoi si sono dovuti affrancare per non finire nell’ombra. E proprio a Fitto Norquist dà qualche consiglio pratico: “Cercate di individuare una tassa odiata dai cittadini, ma che non sia troppo difficile da eliminare. E puntate su quella”. L’ex governatore pugliese e i suoi consiglieri economici, tra cui in primis Capezzone, devono averlo ascoltato visto che hanno messo in agenda l’abolizione della tassa sulla prima casa, l’abolizione dell’Irap in tre anni e la diminuzione di due punti di Iva. “Il pledge consente a ogni candidato di muoversi secondo una rotta precisa e di resistere alle pressioni delle lobby”, continua Norquist. Che però non si sbilancia sul futuro del centrodestra italiano: “Berlusconi è alla fine della sua lunga storia politica. Ma un nuovo leader ancora non c’è. Bisogna lavorare sui contenuti, poi i leader si costruiscono sempre dal basso”.
IL PATTO TRA CONSERVATORI E MODERATI
La sua ricetta passa attraverso un primo di step di forti tagli alla spesa da attuare con la riforma del sistema pensionistico e del pubblico impiego. Solo quando lo Stato centrale sarà alleggerito dal peso di queste uscite potrà pensare di mettere mano alle aliquote. Ma com’è possibile tutto ciò davanti ai vincoli europei e al patto di stabilità che pone il tetto del 3 per cento tra deficit e Pil? “Certamente in Europa avete vincoli molto stretti. Per questo ci vorrebbe una sorta di patto tra i partiti di centrodestra europei per spingere a una rinegoziazione dei parametri”, risponde l’economista. “Ma anche gli Usa ha i suoi fardelli, come l’ingente spesa militare, che pesa molto sulla spesa pubblica e che dovrà per forza diminuire gradatamente nei prossimi anni”. Ogni Paese, secondo Norquist, ha i suoi punti forti e punti deboli, quindi la ricetta può essere riadattata giocando su tasti differenti. Senza però perdere di vista l’obbiettivo finale: meno spesa pubblica e meno tasse.
L’ESPERIENZA AMERICANA
Secondo il guru dello Stato leggero, la ricetta anti tasse funziona sempre, in qualsiasi periodo storico. Ma la sensazione è che sia più un modo per vincere le elezioni che per governare. “Falso. Reagan ha fatto due mandati. George Bush ha proseguito su quella strada. Poi con Bill Clinton tutto è finito. Ma la politica reaganiana degli anni Ottanta ha rivoluzionato il rapporto tra lo Stato e i cittadini ed è stato un volano per l’economia. Quella ricetta vale ancora oggi, specialmente in tempo di crisi, quando i cittadini vorrebbero avere più soldi nelle loro tasche. Solo con più soldi in tasca riprendono i consumi e riparte l’economia”. Come dargli torto?
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Photo credits: Gage Skidmore