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Galantino, De Gasperi e la vera eredità dello statista Dc

Nelle pagine centrali del Corriere della Sera di oggi compare il testo di un importante intervento di monsignor Nunzio Galantino su Alcide De Gasperi.

Si tratta di un discorso importante perché chiama in causa, a conclusione di una settimana di forte polemica politica, che lo ha visto – suo malgrado – protagonista, la figura più emblematica e rappresentativa della storia repubblicana.

Galantino pone l’accento principalmente su tre aspetti rilevanti del grande statista trentino: il suo rispetto per le istituzioni parlamentari, gli ideali e i valori morali della persona, la laicità. Certo, De Gasperi è stato indubbiamente un padre del nostro sistema costituzionale e lo ha applicato costantemente con grande coerenza nelle sue scelte di partito e di governo. Ed è altrettanto sicuro che la sua concezione democratica e cristiana dell’Italia fosse graniticamente eretta su dei principi profondi e profondamente vissuti, come testimoniano all’istante le sue celebri ‘Idee ricostruttive’. Oltretutto anche la laicità è stata una premessa che con potenza De Gasperi ha difeso, non senza sofferenza e qualche incomprensione oltretevere. I rapporti con Pio XII non furono mai facili, infatti, e non sempre particolarmente agevoli.

Dunque, il fatto che oggi la Cei riprenda in mano il testimone di De Gasperi, e dall’alto dell’autorevolezza che Galantino ha la Chiesa italiana si faccia promotrice di una ripresa del suo lascito cattolico gode in sé di un portato positivo indiscutibile.

Conviene, tuttavia, considerare anche, non a margine ma ad integrazione di tutto ciò, pure altri aspetti che segnano il profilo e la linea degasperiana, se ben interpretata alla luce anche dei decenni successivi e della evoluzione storica che la Dc ha avuto, prima con Fanfani negli anni ’50 e poi dopo il ’59 con la diversificazione tra correnti interne al partito.

Lo sviluppo della sua visione politica si è articolata sostanzialmente in tre tappe che scandiscono il complesso sviluppo che va dal ’46 al ’54.

Il primo periodo è quello costituente, issato attorno al vessillo democratico e antifascista del patto tra i partiti che avevano costituito il Comitato di Liberazione Nazionale: Dc, Psi e Pci. De Gasperi giustamente fece in modo che la collaborazione costruttiva alla formazione della Repubblica fosse accompagnata da una condivisione della responsabilità di governo, sebbene i valori non fossero assolutamente sovrapponibili.
Dopo il viaggio negli Stati Uniti nel ’47 De Gasperi ruppe il Tripartito, puntando su una solida alleanza atlantica dell’Italia che portò il paese nella Nato e ad aderire al Piano Marchall, non senza fratture e rotture interne, non da ultimo quella con Giuseppe Dossetti.

La terza fase ha segnato progressivamente il senso del centrismo democratico cristiano per i successivi quarant’anni, con il consolidamento di un’area maggioritaria allargata a liberali e repubblicani in chiave di alternativa politica e valoriale al socialcomununismo. Un riverbero importante di questa opzione internazionale è ancora visibile, dopo il declino della Solidarietà nazionale di Moro, nel famoso Preambolo che unificò nel 1980 sotto la bandiera del suo fondatore tutte le correnti democristiane sulla premessa che il centro dovesse essere alternativo alla sinistra.

È importante ricordare questo fatto perché il cardine morale, istituzionale e laicale di De Gasperi è stato il principio della libertà politica e della libertà di coscienza come essenza della democrazia, un valore non condiviso e non interpretato in modo simile né da Nenni, né da Togliatti e neanche da Dossetti.

È un bene dunque che oggi si ritorni a De Gasperi, purché lo si faccia spiegando ai più giovani con quale coerenza e linearità e contro quali opposti interessi egli difese eroicamente la condizione indispensabile per fare in modo che la Repubblica Italiana nascesse libera e prosperasse nella democrazia.


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